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La rivoluzione americana

Tiziano Bonazzi
Bologna, il Mulino, 194 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2018

In questa breve, ricca sintesi, Tiziano Bonazzi affronta un tema storico da far tremare
i polsi per la somma di interpretazioni e per l’intensità valoriale e ideologica che
esse hanno portato con sé: la rivoluzione eccezionale, la rivoluzione antigiacobina, la
rivoluzione illuminista, l’età delle rivoluzioni. Bonazzi non ignora il fardello interpretativo
della Rivoluzione americana e prende nettamente posizione in chiave soprattutto
antieccezionalista.
Il dato centrale della sua interpretazione è leggere la Rivoluzione non in contrasto
con l’Europa, ma come totalmente inerente alla storia europea, sia nelle sue continuità
che nelle sue innovazioni. Contro ogni unicità patriottico-nazionalista americana, la
Rivoluzione è inserita nei grandi processi della diaspora mondiale europea, dell’Impero
inglese e del mondo atlantico. Una interpretazione volta «a togliere la Rivoluzione americana
dal suo isolamento storico» (p. 167).
Insistendo su un approccio sistemico nel rapporto tra centro e periferia, la Rivoluzione
«è stata una delle matrici della modernità in quanto protagonista centrale nella storia
dell’espansione e conquista degli altri continenti da parte degli stati europei atlantici» (p.
169). Essa «allargò al Nordamerica il sistema degli stati europei […] e lo integrò ancor più
profondamente nel sistema economico degli stati atlantici» (pp. 171-172) contribuendo
con la richiesta americana della libertà dei mari all’erosione del sistema mercantilistico.
Non si trattò, come nell’interpretazione nazionalista, della Rivoluzione come aspirazione
alla libertà contro i dispotismi europei. Essa fa parte della storia dell’Illuminismo
in Europa e nella diaspora europea. I perseguitati che emigrarono in America erano parte
di quei flussi di espulsi che si muovevano attraverso l’Europa o verso i territori della sua
espansione.
Ma le continuità del sistema europeo non devono oscurare le novità che emersero
con la Rivoluzione: «I coloni vivevano in rapporto di continuità/discontinuità con la
madrepatria […] si trovavano nell’interstizio fra una posizione di dominio e conquista
nei confronti di schiavi e nativi e una di dipendenza dalla Gran Bretagna» (p. 172). I
costi della guerra mondiale dei Sette anni (1756-1763) crearono «l’incompatibilità fra
il senso di appartenenza alla Gran Bretagna sviluppato dai coloni e le necessità imperiali
britanniche» (p. 172).
Nel processo rivoluzionario gli americani innovarono, e qui emerge il Bonazzi storico
politico, la natura del contratto politico in chiave giusnaturalistica con la teorica
universalità dei diritti naturali del cittadino, rispetto alle monarchie e alle repubbliche
aristocratiche europee. In conclusione «la Rivoluzione americana è tale in quanto diede
vita a una nuova obbligazione politica e […] a una nuova concezione dello stato, senza
che ciò implichi l’uscita dal contesto o dalla cultura politica europea» (p. 174).

Maurizio Vaudagna