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La saponificatrice di Correggio. Una favola nera

Barbara Bracco
Bologna, il Mulino, 136 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2018

Nell’Italia ancora attraversata dalla paura della guerra e dei suoi orrori si svolge, nel 1946, il processo a Leonarda Cianciulli, la «saponificatrice di Correggio». Cianciulli, rea confessa, fra il 1940 e il 1941 aveva ridotto a pezzi, a colpi d’ascia e di coltello, tre donne e, dopo averle bollite, ne aveva ricavato saponette e torte da offrire alle amiche. Articoli di giornale, canzoni, fogli volanti, spettacoli di cantastorie e pellicole trasformano la vicenda nel Grand Guignol di quegli anni. La storia affascina per la efferatezza con la quale i delitti sono stati commessi e, se per l’immediato riempie le cronache dei giornali, in tempi più recenti sarà rievocata da registi come Lina Wertmuller (Amore e magìa nella cucina di mamma) e Mauro Bolognini (Gran bollito). Poche settimane dopo la fine del processo alla Cianciulli, l’Italia sarebbe stata teatro di un altro celebre crimine: nel novembre del 1946 Caterina (Rina) Fort, «la belva di San Gregorio», elimina a colpi di spranga la moglie dell’amante e i suoi tre figli, in età compresa fra i 10 mesi e i 7 anni.
La puntuale ricerca dell’a. sulla Cianciulli si inserisce nel racconto di una Italia appena uscita dal fascismo, che riscopre il fascino morboso di una criminalità per anni occultata dal regime nel tentativo di offrire agli italiani l’immagine di un paese pacificato e alieno da ogni forma di violenza. Il libro si apre con le prime fasi del processo nel corso delle quali la «saponificatrice» chiede di fare uscire il figlio Giuseppe dall’aula. Fin dall’inizio la Cianciulli mostra il volto di una madre pietosa che mal si concilia con quello di una fredda assassina come appare dai verbali dei carabinieri. La ricerca riporta ampi stralci delle schede delle autorità giudiziarie e dei rapporti delle forze dell’ordine che indagano su un caso così efferato. E i documenti ripercorrono l’inchiesta che, nel volgere di qualche tempo, porta a incriminare la Cianciulli. L’a., seguendo le varie fasi del processo, ripercorre non solo le vicende familiari della protagonista, che è una emigrata dal Sud, ma ne ricostruisce anche la biografia personale: dai diversi aborti sopportati alla perdita di figli neonati. Insomma, la classica storia di tante famiglie dell’Italia del Sud nel periodo fra le due guerre.
Nella parte relativa alla sanità mentale della Cianciulli emergono i dubbi degli inquirenti, che si mostrano increduli che una donna, per quanto di corporatura robusta, abbia potuto sezionare da sola dei corpi. Ma quei dubbi sono fugati dalla testimonianza della Cianciulli di fronte al perito nominato dal Tribunale con il compito di accertare la esistenza di qualche patologia: «sono una criminale, una delle peggiori». Grazie alle prove schiaccianti e, soprattutto, alla spontanea confessione il processo alla «saponificatrice» dura poco più di un mese e la Cianciulli entra in manicomio per non uscirne più. Rinchiusa nel manicomio di Pozzuoli, si racconta che preparasse dei dolci che però, come testimonia una suora, «nessuna detenuta si azzardava mai a mangiare».

Stefano Pivato