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La strada della Nazione. Opere pubbliche e riforme istituzionali nel Decennio francese (1806-1815)

Armando Vittoria
Roma, Carocci, 272 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2017

La ricerca, condotta facendo ampio ricorso ad archivi conservati a Napoli e a Parigi,
si presenta come un percorso all’interno delle vicende politiche, sociali ed economiche del
decennio napoleonico nel Regno di Napoli, parimenti attento alle più ampie strategie e
agli interventi più specifici di natura amministrativa e fiscale in tema di opere pubbliche.
Una speciale attenzione è dedicata alle vie di comunicazione, considerate sia con riferimento
alla necessità di facilitare e potenziare spostamenti e approvvigionamenti delle
truppe verso il fronte anglo-borbonico, sia per promuovere lo sviluppo dei traffici commerciali
interni al Regno, resosi ancor più necessario a causa del Blocco Continentale.
Attraverso tale percorso il volume cerca di chiarire una fase di passaggio tra le più
significative della storia istituzionale meridionale, nella quale ebbero un ruolo centrale gli
importanti impianti normativi creati dai francesi; al contempo si sofferma sulla nascita
di una progettualità nazionale che una certa parte delle élite napoletane – sotto la guida
di Murat – cercò di sviluppare, sebbene con drammatici esiti. Come l’a. ricorda, la stessa
filosofia dello Stato amministrativo considerava le opere pubbliche quale «traslazione sul
governo del territorio di una concezione della sovranità fortemente incentrata sulla conoscenza
e sul controllo dello spazio pubblico» (p. 21).
Senza trascurare le istituzioni precedenti preposte a questo delicato settore, l’a. individua
un «doppio binario» seguito sin dal principio dal nuovo governo: da un lato «accrescere
gli investimenti pubblici nel settore» e dall’altro «creare una discontinuità rispetto
al paternalismo dei metodi adoperati dal regime borbonico» (p. 26). Sviluppare una rete
diffusa di strade e comunicazioni interne, a partire dal superamento dei limiti di quella
esistente, richiedeva necessariamente nuovi investimenti. E non solo. Un simile programma
imponeva una contestuale, profonda, riforma dell’amministrazione delle opere statali
nel suo complesso. Non a caso i francesi vollero intervenire, in discontinuità con le linee
di governo borbonico, anche sul versante della formazione e delle competenze tecniche
del personale inserito in questo ramo dell’amministrazione. Con la creazione murattiana
del Corpo di Ponti e Strade (1808) e della Scuola di applicazioni di Ponti e Strade (1811),
si avviò l’istituzionalizzazione di un corpo burocratico-professionale in grado di progettare
e dirigere l’intera filiera delle opere pubbliche.
Per l’a., la strategia napoleonica nel Regno di Napoli si sarebbe rivelata durevole e
destinata a caratterizzare non solo il breve decennio, ma l’intero «lungo ’800», come parte
integrante delle politiche del nascente Stato liberale. «Una strada, insomma», scrive l’a.
nelle Conclusioni, «non era solo una strada nel senso di infrastruttura pubblica, ma uno
spazio di comunicazione, una nuova prospettiva dei rapporti e delle distanze commerciali,
culturali, sociali, amministrative e soprattutto politiche» (p. 250).

Cristina Ciancio