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Landing to liberation. Lo sbarco di Anzio nelle testimonianze dei militari britannici

Paolo Carusi (a cura di)
Roma, Aracne, 212 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2014

In questi anni di ricordo, intenso, delle due guerre mondiali che hanno scandito il ’900, caratterizzati sia nella lettura pubblica che nell’analisi storiografica da una grande attenzione per la soggettività di quanti sono stati coinvolti, questo lavoro propone una raccolta di testimonianze sullo sbarco di Anzio, del gennaio 1944, visto attraverso lo sguardo dei «liberatori». Testimonianze scritte che i reduci britannici hanno inviato al Museo dello sbarco dalla sua costituzione, nel 1994, e che, in occasione del settantesimo anniversario, un gruppo di ricerca promosso dall’Università Roma Tre e dall’Associazione nazionale forze armate regolari nella guerra di liberazione (Ancfargl) ha schedato, trascrit¬to e selezionato per la pubblicazione (riproponendole in formato bilingue, la sezione in inglese e quella tradotta in italiano intervallata da un’appendice fotografica).
Nonostante l’occasione celebrativa a emergere da questi racconti, asciutti e in mag¬gioranza brevi, di fatto privi di qualsiasi retorica, è una profonda sofferenza, insieme allo stupore critico per un’avanzata vittoriosa verso Roma che si pensava a portata di mano e che si trasforma invece in una «mattanza» che dura mesi, fino al giugno successivo. E poi c’è la paura, a volte il puro terrore di fronte a una guerra di posizione da parte di ragazzi giovanissimi che, a distanza di anni, ribadiscono in coro: «era un inferno», «una vita da incubo», «il posto peggiore dove sono stato». I suoni, le luci, il pericolo onnipresente — in una sequenza che molto rimanda alle analisi sulla prima guerra mondiale — li stordisce. La fatica, ricordano, era «massacrante», in un paesaggio spoglio, snaturato dalle bombe, da cui sono praticamente assenti i civili. Per la poca popolazione locale, in maggioranza sfollata altrove o nascosta, solo brevi notazioni di pietà (ad esempio, davanti alla morte di una bambina: ma quanto incide nell’elaborazione del ricordo, come sottolinea l’a. nell’introduzione, la mitica figura di «Angelita»?) e, a tratti, di rispetto per il coraggio di chi vuole restare. Peraltro «ad un forte legame che unisce ancora i reduci ai luoghi dello sbarco» sembra far riscontro, nota Carusi, «una memoria labile nella popolazione anziate» (p. 131) che li definirà poi sempre, in modo indistinto, come «gli americani» (una debole consapevolezza dell’accaduto che il volume vuole contribuire a riscattare).
Questa raccolta si aggiunge in modo stimolante alle molte voci di parte «alleata» sulla guerra in Italia emerse negli ultimi anni, ma in questo caso il punto di vista di sol¬dati comuni, costretti senza volerlo a divenire protagonisti, concorre a ricordarci, innanzi tutto, che la guerra è soprattutto dolore; il costo umano altissimo di quella che è stata definita la prima, vera «guerra totale», da qualsiasi parte la si provi a guardare.

Lidia Piccioni