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L’anima in fabbrica. Storia, percorsi e riflessioni dei preti operai emiliani e lombardi (1950-1980)

Giuseppina Vitale
Roma, Studium, 165 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2017

Sebbene pochi, non più di qualche centinaio, i preti operai sono stati interpreti di una delle esperienze più significative del dissenso cattolico in Italia tra gli anni ’60 e ’70 del ’900. Animati da un irriducibile desiderio di autenticità religiosa, si vollero immedesimare nella vita di un proletariato industriale che, in quel periodo, costituiva ai loro occhi l’unico soggetto capace di promuovere una rigenerazione della Chiesa e della società. A spingerli verso questa «trasformazione in senso “operaista” della comunità cristiana» (p. 35) contribuirono diverse motivazioni: dal bisogno di riavvicinarsi a un cristianesimo delle origini, all’intenzione di rovesciare il tradizionale modello sacerdotale e destrutturare l’ordinamento gerarchico delle istituzioni ecclesiastiche, fino all’ambizione di contrastare il sistema di potere del capitalismo industriale.
Nato da una tesi di dottorato, questo libro di Giuseppina Vitale, ricercatrice del Laboratorio sui movimenti negli anni ’70 a Modena, offre una efficace ricostruzione di una vicenda che illumina aspetti interessanti delle trasformazioni del mondo cattolico tra gli anni ’60 e ’80. La parte iniziale del volume è dedicata a una analisi delle origini del movimento dei preti operai, già rilevante in Francia e in Belgio nel corso degli anni ’40, seguita poi da un esame del contesto italiano, dove alcuni tentativi cominciano a segnalarsi negli anni ’50. Soltanto dopo il Concilio Vaticano II, però, il fenomeno assume una dimensione nazionale distinguendosi per lo più dall’esempio francese: pesano qui la vicinanza del Vaticano, una accentuata differenziazione regionale tra i vari gruppi e soprattutto una marcata politicizzazione di questa forma di sacerdozio, che spinge molti preti operai a confluire nei movimenti e nei partiti di sinistra. Infine c’è la parte più originale del volume, che è quella dedicata alla ricostruzione delle esperienze compiute in Lombardia ed Emilia-Romagna, dove spiccano alcune figure particolarmente carismatiche, come Mario Colnaghi, Giuseppe Dossetti junior (nipote dell’ex leader democristiano) e Sandro Vesce.
L’a. riesce a ben integrare le conoscenze storiografiche con i risultati di un accurato scavo archivistico compiuto sui fondi di alcuni protagonisti e sulle carte relative alle attività di coordinamento e di organizzazione degli incontri nazionali. Emerge un quadro molto articolato, ricco di suggestioni, dove da una parte colpisce la tensione religiosa e l’impegno civile di molti sacerdoti, determinati a sfidare conformismi e incomprensioni, mentre dall’altra spiccano le difficoltà di dialogo con i vertici ecclesiastici, oscillanti tra dure condanne e circospette aperture. Tutto sembra finire nel corso degli anni ’80, quando la crisi del sacerdozio si accompagna a quella del lavoro operaio. Ma è forse più convincente pensare che gran parte di quei bisogni espressi dai preti operai negli anni ’70 non si siano esauriti ma abbiano trovato altre forme di espressione, soprattutto nell’assistenza ai marginali e nelle attività missionarie nei paesi poveri.

Francesco Bartolini