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L’eco del boato. Storia della strategia della tensione, 1965-1974

Mirco Dondi
Roma-Bari, Laterza, 454 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il libro di Mirco Dondi traccia un accurato bilancio della mole di documenti, inchieste
e analisi, prodotte, nel corso di tanti anni, dalla magistratura e dalle commissioni
parlamentari sulle stragi neofasciste che hanno insanguinato l’Italia tra il 1969 e il 1974.
Questo lavoro di scavo è stato poi affiancato dallo studio estensivo dei periodici e delle
principali fonti a stampa coeve. Viene, dunque, messo ordine all’interno di un vasto materiale
archivistico – di vitale importanza per la comprensione di quegli anni – disperso tra
le tante indagini giudiziarie, finalmente fruibile grazie soprattutto allo sforzo compiuto
dalle associazioni dei familiari delle vittime delle stragi che hanno raccolto e digitalizzato
una parte considerevole dei documenti oggi accessibili.
Ne è uscito un quadro quanto mai dettagliato e particolareggiato dei principali attentati
terroristici che delimitano gli anni della cosiddetta strategia della tensione, di cui
l’a. ricostruisce la genesi, l’evoluzione e gli obiettivi. Il libro abbraccia, in particolar modo,
il quinquennio 1969-1974, quando si concentra ed è più drammatico l’impatto della
strategia stragista nel paese, sebbene un’ampia introduzione e i primi due capitoli del volume
offrano una visione più articolata, rintracciandone le origini negli albori della guerra
fredda e nei suoi condizionamenti sulla vita politica italiana.
Sebbene avvolta dalla complessità della trama narrativa, l’a. avanza un’interpretazione
lineare e cristallina della strategia della tensione: in sintesi, una strategia non unitaria
di lotta politica illegale, con diversi registi e protagonisti, che teorizza e mette in pratica
l’uso del terrore, inscindibilmente connessa all’azione di attori istituzionali che agiscono,
in sintonia con gli ambienti più oltranzisti del mondo atlantico, per arrestare l’avanzata
delle sinistre nel paese. In questo senso, l’imminente ingresso dei comunisti al governo
avrebbe messo in allarme l’intelligence statunitense e la Nato, preoccupate per un possibile
slittamento dell’Italia nell’area d’influenza sovietica, ma a destare più angoscia, in
realtà, era il modificarsi degli equilibri sociali che si sarebbe verificato in caso di vittoria
elettorale delle forze progressiste.
Si tratta di una lettura in parte presente nel dibattito storiografico che in questa sede
si arricchisce però di nuove acquisizioni documentarie e di nuove prospettive di analisi.
Tra le più preziose, il ruolo svolto dai media e l’uso fattone in special modo dai quei gruppi
di potere e da quegli spezzoni dello Stato più coinvolti nella realizzazione delle stragi:
non più riconducibili, dunque, secondo l’a., alla sola iniziativa delle formazioni terroristiche
di destra, ma inserite all’interno di una catena di comando molto più articolata e
complessa che riflette la difficile posizione internazionale dell’Italia in quella drammatica
stagione.

 Guido Panvini