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Leone Ginzburg – Lettere dal confino 1940-1943, a cura di Luisa Mangoni – 2004

Leone Ginzburg
Torino, Einaudi, pp. XXII-376, euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2004

Da ormai vari anni gli epistolari sono tra le fonti principali per chi si occupa di storia degli intellettuali. Quelli degli antifascisti e, in particolare, dei giellisti e degli azionisti, hanno riscontrato un certo interesse editoriale. Questo sia in ragione della curiosità sempre più diffusa per la dimensione privata e morale dell’agire politico, particolarmente forte, almeno a livello argomentativo, nella famiglia politica giellista e azionista. Sia perché, in mancanza di un’organizzazione partito, le forme dei legami politici passavano in questa tradizione politica attraverso le reti amicali e professionali, assai più di quanto non fosse nei socialisti e nei comunisti. Amicizia e professione s’intrecciano anche in questo epistolario, che tocca il breve, ma intensissimo, periodo della vita di Ginzburg tra l’invio al confino, nel 1940, e la morte, avvenuta come si sa in forma violenta tre anni dopo. I destinatari di Ginzburg rappresentano qui i vari strati generazionali dell’intellighentsia antifascista italiana: da Benedetto Croce a Luigi Salvatorelli, da Francesco Flora a Norberto Bobbio, da Giulio Einaudi a Giovanni Laterza, per citare quelli quantitativamente più rilevanti. Il tema delle lettere è di solito molto tecnico: sono missive di lavoro, dove Ginzburg propone libri, corregge versioni, fornisce consigli persino tipografici all’Einaudi, di cui in quel momento era il vero cervello editoriale. Non sono presenti particolari riflessioni politiche, anche perché Ginzburg sapeva che la sua posizione si sarebbe aggravata nel caso avesse mostrato esplicitamente il proprio legame con le trame antifasciste; da qui una qual certa dissimulazione da non confondere con un ritiro dalla politica. Solo in una lettera nitida quanto disperata, Ginzburg lamenta il suo essere ?straniero nel proprio paese? in ragione delle leggi razziali. Per un gobettiano come Ginzburg, tuttavia, l’attività intellettuale e quella politica avevano confini molto labili. Di più, il lavoro intellettuale, inteso in senso produttivo, quello di realizzare un buon libro, era ipso facto politico. Le lettere mostrano, se ce ne fosse bisogno, la vastità d’interessi di Ginzburg, dalla letteratura russa alla storia delle religioni, dalla storia della storiografia fino al diritto privato, come si vede nella lettera a Piero Calamandrei. Un interesse poliedrico, ma mai poligrafico: il poligrafo è per Ginzburg l’intellettuale della vecchia Italia, quello della ?nuova? connette la vastità del suo sguardo con il lavoro concreto, che è poi quello della fattura dell’opus chiamato libro. Di particolare interesse, in queste lettere, sono quelle dedicate alla storia della storiografia: non solo Ginzburg è attento alla collana ?Scrittori di storia? dell’Einaudi, ma legge in particolare Ranke e Burkhardt, al fine di una riflessione più ampia sul ruolo e la teoria della storiografia. Buona parte delle lettere sono inedite, e provengono dai vari archivi dei destinatari, tranne quelle a Croce, che coprono un arco più vasto, dal 1930 al 1943, ma che qui vengono lette con particolare interesse e piacere. Quanto alla curatela di Luisa Mangoni, essa è al tempo stesso sobria ed esaustiva, restituendo di ogni lettera il contesto informativo tale da permetterne la comprensione.

Marco Gervasoni