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Liberale o populista? Il radicalismo argentino (1930-1943)

Francesco Davide Ragno
Bologna, il Mulino, 328 pp., € 26,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il saggio di Francesco Davide Ragno sul radicalismo argentino, dal colpo di Stato
del 1930 fino ai prodromi del peronismo, colma uno dei tanti vuoti della storiografia
in lingua italiana sulla grande nazione australe. L’Unión civica radical (Ucr), dagli anni
’90 del XIX secolo è il Partito che dal cosiddetto «ordine conservatore» amplia alle classi
medie – reprimendo ferocemente quelle operaie incipienti, dalla Semana trágica alla Patagonia
rebelde – la rappresentanza politica in Argentina, condotta, nel primo terzo del XX
secolo, da Hipólito Yrigoyen. È in sostanza la forza che segna la nascita del grande paese
moderno, ne marca alcuni dei momenti di maggior auge economico e considera, a volte
pretende, di interpretarne se non incarnarne lo spirito. Nel contesto mondiale della crisi
del 1929 proprio la fine della seconda presidenza Yrigoyen, nel settembre del 1930, significa
anche il primo colpo di Stato del XX secolo nel paese – seguito da quelli del 1943,
1955, 1962, 1966 e 1976 – e punto di partenza del saggio di Ragno.
Questo è strutturato in cinque capitoli. Il primo, e più ponderoso, tratteggia quarant’anni
di storia del radicalismo, dalla fondazione del Partito al governo del paese, alla
caduta della seconda presidenza Yrigoyen col golpe del 1930. Il secondo è rivolto all’opposizione,
inizialmente insurrezionale, verso la dittatura di Uruburu prima, e del governo
di Agustín Pedro Justo, eletto con pesanti brogli e passato alla storia come Década Infame.
È un percorso che si identifica soprattutto nell’attitudine dell’Ucr all’astensione intransigente,
ma anche nell’asperrimo dibattito politico tra un liberalismo in crisi e un corporativismo
in auge. Sono anni nei quali nel Partito è presente un dibattito internazionale
sulla crisi dello Stato liberale e nel quale riferimenti intellettuali sono anche Salvemini,
Sturzo, Nitti. Il radicalismo è diviso – come ben evidenzia Ragno – tra yrigoyenisti, morto
nel 1933 il leader, e altri gruppi, in particolare condotti da Marcelo T. de Alvear. Ben risalta
nel saggio come questo passi dall’essere una sorta di partito della nazione, a interpretare
le esigenze di una società e di un modello democratico rappresentativo – quale alternativa
al corporativismo – e quindi anche l’aspirazione del Partito a farsi forza di massa. Ciò senza
accettare la partecipazione a un Fronte popolare che comporti l’alleanza con i marxisti
e in particolare coi comunisti, come accade nel vicino Cile oltre che in Francia e Spagna.
Nei due capitoli finali l’a. traccia la crescita nella società argentina del sentimento
antioligarchico e antipartitocratico che sarà interpretato dal cosiddetto Gou, il gruppo
di ufficiali nazionalisti protagonisti del golpe del 1943, tra i cui capi era Juan Domingo
Perón. Il Gou aveva tra i suoi obiettivi la neutralità argentina nella seconda guerra mondiale
e la cooptazione del movimento operaio, che voleva tenere lontano dal marxismo
tradizionale. I radicali persero il treno e il punto di approdo del dibattito al loro interno fu
la divisione del radicalismo tra l’anima antiperonista e lo spezzone della Junta Renovadora
che invece nel peronismo confluisce.

Gennaro Carotenuto