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L’indipendenza dell’America spagnola. Dalla crisi della monarchia alle nuove repubbliche

Federica Morelli
Milano, Le Monnier, 234 pp., € 17,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il periodo che va dai primi moti insurrezionali del 1810, che scossero i vicereami
americani della monarchia spagnola – una struttura organica sempre più federalizzata –,
al raggiungimento dell’indipendenza in più di venti paesi latinoamericani (tra il 1921 e il
1925), ha marcato una tappa cruciale nella storia del continente. Al contempo ha sancito
una svolta per la diffusione del repubblicanesimo e l’affermazione dello Stato-nazione
sulle ceneri di modelli imperiali di Ancien régime. In un arco di tempo tutto sommato
limitato, pur segnato da scontri e rivolgimenti convulsi, si consumò infatti il crollo di
un grande sistema imperiale che aveva segnato per oltre tre secoli i caratteri della storia
atlantica, americana ed europea, contribuendo al graduale passaggio dall’età moderna a
quella contemporanea.
Il libro di Federica Morelli, storica dell’Università di Torino, sensibile agli intrecci tra
dinamiche socio-culturali e processi politico-istituzionali (si veda L’Atlantique révolutionnaire.
Une perspective ibéro-américaine, Paris, Les Perséides, 2013), ci offre un’attenta lettura
di quei processi indipendentisti: della loro composita genesi, dei diversi conflitti armati
che li hanno connotati – sviluppatisi parallelamente alla parabola delle grandi guerre
napoleoniche e alla costruzione del concerto europeo – e degli esiti plurali cui sarebbero
approdati. Come si legge nell’incipit: «La complessità del processo ci indica che non
esiste un’indipendenza ispano-americana, ma diverse indipendenze ispano-americane, al
plurale. Non esiste un percorso chiaro che va dalla ricerca di libertà contro l’oppressione
coloniale all’emancipazione, ma una crisi imperiale che genera diversi processi locali e
soprattutto una gigantesca frammentazione territoriale» (p. 3).
Nella costruzione del volume, l’a. segue un flusso cronologico di estrema coerenza
ma si mette anche alla prova con una serie di interessanti chiavi di lettura: la storia atlantica,
il peso delle politiche fiscali, il rapporto in divenire tra vecchi modelli istituzionali
(la Audiencia, il cabildo…) e formule di riorganizzazione dei poteri locali e municipali (le
juntas); ancora: il peso di alcune categorie sociali (dall’arriero andino al peón de hacienda
novohispano), l’impatto distruttore e trasformatore della guerra, la complessità plurietnica
di società eredi di un’esperienza di castas.
In tal senso l’a. riesce ad analizzare in modo equilibrato il rapporto tra il peso delle
nuove élite creole e le spinte dei compositi settori popolari, dimostrandosi consapevole
e, al contempo, libera, del peso delle vecchie storiografie nazionaliste ma anche di alcuni
recenti revisionismi ispano-centrici. Anche se alcune differenze (in particolare tra l’esperienza
della Nuova Spagna e gli altri vicereami sudamericani) restano forse un po’ troppo
sullo sfondo, lo sforzo di rendere la complessità (non solo politica e istituzionale ma
anche territoriale, umana e perfino di genere) di quelle vicende e di metterle a confronto
con esperienze politiche altre (quella nordamericana e quella europea) è indubbiamente
riuscito.

Massimo De Giuseppe