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Lisa Roscioni – Lo smemorato di Collegno. Storia italiana di un’identità contesa – 2007

Lisa Roscioni
Torino, Einaudi, XXII-294 pp., Euro 26,50

Anno di pubblicazione: 2007

Il libro di Roscioni, dedicato a uno dei fatti di cronaca più noti del ‘900 italiano, offre uno spaccato di notevole interesse sul rapporto tra opinione pubblica, istituzioni e società negli anni del consolidamento del regime fascista. Il fuoco della ricerca non è teso a svelare la vera storia del ricoverato n. 44.170 del manicomio di Collegno, reclamato da una famiglia, che credeva di vedere in lui il professore Giulio Canella, disperso durante la Grande guerra e colpito da amnesia per i traumi subiti, contro l’opinione di poliziotti, psichiatri, magistrati e di moltissimi testimoni, convinti di essere di fronte a Mario Bruneri, un tipografo, considerato un abile simulatore, determinato a occultare un passato di truffe ed espedienti. Ad interessare l’a. sono piuttosto le sfaccettature della suggestione collettiva che trasformò un’identità biologica «in quell’immagine ambigua e discussa, in quell’identità altra, costruita giorno per giorno nel dibattito pubblico e nei ricordi contrastanti di coloro che credevano di riconoscerlo» (p. XII). Come una valanga partita da un sassolino, il caso dilagò sui giornali e divise gli italiani scatenando infinite polemiche, al punto da preoccupare il regime, che aprì tre o quattro dossier su una vicenda in apparenza molto personale e assai poco politica e arrivò a proibire ai giornali di parlarne. Ad allarmare Mussolini furono le voci di possibili interessi da parte di alcune congregazioni religiose sull’eredità del professor Canella e la netta presa di posizione dei giornali cattolici e di un personaggio di primo piano come padre Gemelli a sfavore dello smemorato, che invece aveva come avvocato difensore Farinacci, il cui estremismo rischiava di compromettere il processo di normalizzazione della dittatura e le trattative con la Santa Sede. Eppure la vicenda turbava e appassionava enormemente gli italiani, né poteva essere diversamente, vista la carica emozionale di cui era dotata: il ritrovamento del disperso significava l’avverarsi di un evento miracoloso atteso inutilmente da migliaia di famiglie i cui cari erano scomparsi nella fornace della guerra; la simulazione chiamava in causa l’onore della moglie di Canella, che aveva avuto tre figli dallo smemorato nel corso della lunga vertenza e abbatteva le distanze sociali tra il coltissimo professore e il tipografo anarcoide e spregiudicato. Ed è proprio in questi risvolti che il racconto di Roscioni ottiene i risultati migliori, anche grazie all’attenzione con cui evita di assumere posizioni troppo definite per poter cogliere pienamente le sottili implicazioni psicologiche degli attori in campo, oltre i cliché dello scambio di persona e dell’impostura smascherata. C’è però un ultimo aspetto che va segnalato. Questo lavoro ha potuto avvalersi della documentazione conservata presso l’archivio del manicomio di Collegno, che riunendo anche i documenti dell’antica Congregazione del SS. Sudario costituisce un bene culturale di straordinaria importanza e di cui, fino ad oggi, i dirigenti dell’ASL 5 del Piemonte (ora TO3) hanno fatto un uso a dir poco discrezionale, impedendone o limitandone l’accesso ad altri studiosi, compresi tesisti e dottorandi.

Silvano Montaldo