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Lodovico Benvenuti. Dalla Resistenza all’unità europea

Giovanni Paolo Cantoni
Milano, Unicopli, 345 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2016

L’opzione democristiana per il federalismo europeo è stata generalmente trascurata
dalla storiografia, fatta eccezione per alcuni importanti studi sulla politica europeistica
di De Gasperi dei primi anni ’50. Questo volume di Cantoni ha il merito di rivalutarne
lo spessore attraverso la biografia di uno dei suoi dimenticati precursori. Tale fu infatti il
democristiano cremasco Lodovico Benvenuti: membro dal luglio 1947 del Comitato parlamentare
italiano per l’Unità europea, il suo impegno politico funse da trait d’union fra la
Dc e i movimenti di unificazione federale dell’Europa (dall’Unione parlamentare europea
di Coudenhove-Kalergi al Movimento federalista europeo di Spinelli), ma dal 1949 (con
la nomina all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa di Strasburgo) si articolò soprattutto
in incarichi di rappresentanza dell’Italia nelle nascenti istituzioni europee.
L’a. li ripercorre esaustivamente, basandosi sull’inedita documentazione dell’archivio
Benvenuti: dal primo tentativo di imporre un’accelerazione federalistica alla «grande
Europa» – infrantosi sulla mancata riforma statutaria del Consiglio d’Europa – alla più
ristretta integrazione comunitaria dei sei Stati fondatori della Ceca e firmatari della Ced,
emerge la priorità accordata da Benvenuti all’unificazione politica sovranazionale rispetto
alle integrazioni funzionaliste settoriali. In questo senso significative sono le pagine
dedicate alla progettualità «costituente» di Benvenuti come membro dell’Assemblea ad
hoc incaricata di elaborare il trattato istitutivo della Comunità politica europea (pp. 173-
220). Con il suo fallimento, a seguito della mancata ratifica della Ced, Benvenuti assunse
l’incarico di capo delegazione italiano nel Comitato intergovernativo presieduto da
Spaak, contribuendo al «rilancio dell’Europa» nel negoziato sui trattati Cee ed Euratom
firmati a Roma nel 1957.
Molti spunti di riflessione questa biografia di Benvenuti è in grado di offrire sull’europeismo
democristiano. Conferma innanzitutto la flessibilità e il gradualismo del suo
orizzonte federalistico, non lesivo delle identità nazionali ma realisticamente ancorato
agli sbocchi economici e militari dell’integrazione comunitaria e, dunque, distante dal
federalismo più radicale e «movimentista». A questo pragmatismo istituzionale faceva
riscontro, come ben dimostra il caso di Benvenuti, un forte investimento etico-valoriale
sull’Europa come «patrimonio spirituale» (pp. 275, 323) innervato dal nesso fra cristianesimo
e libertà. Il processo di unificazione continentale era quindi contrapposto, in chiave
neoresistenziale, al riemergere di un’«anti-Europa» identificata con il rischio di espansione
sovietica. Si tratta di questioni che l’a. (ma è l’unico rilievo che verrebbe da porgli) avrebbe
forse potuto problematizzare più dialetticamente nel dibattito interno alla Dc, che rischia
di rimanere talora troppo sullo sfondo, con il risultato di isolare anche l’europeismo
di Benvenuti dall’evoluzione della sua cultura politica di riferimento.

 Federico Mazzei