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L’Opera nazionale dopolavoro. Tempo libero dei lavoratori, assistenza e regime fascista 1925-1943

Elena Vigilante
Bologna, il Mulino, 217 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’Opera nazionale dopolavoro (Ond) fu probabilmente l’organizzazione più popolare del regime fascista, capace di coinvolgere vasti strati della società italiana grazie alle innumerevoli iniziative ricreative, assistenziali ed educative. Elena Vigilante ne ricostruisce sinteticamente l’evoluzione istituzionale, scandendone i momenti più significativi: i piani per l’organizzazione del tempo libero discussi nell’immediato dopoguerra, con un’iniziale influenza della cultura tayloristica statunitense (ma non vengono ricordati gli importanti dibattiti all’interno dell’Organizzazione internazionale del lavoro, studiati, tra gli altri, da Daniela Liebscher); l’istituzione dell’ente nel 1925, alle dipendenze del ministero dell’Economia nazionale; il decennale commissariamento iniziato nel 1927, in risposta alle crescenti pressioni del Pnf; la legge del 1937, che assegnava all’Ond una maggiore autonomia e funzioni accresciute; il nuovo commissariamento, disposto alla fine del 1939 e preludio ai difficili anni della guerra.
Sin dall’inizio l’Ond dovette fronteggiare, come mette in luce l’a., numerosi ostacoli. Difficoltà furono incontrate nel legare il dopolavoro alle realtà produttive, secondo i principi corporativi, con il risultato di concentrare l’attività prevalentemente nei circoli territoriali, che talvolta inglobavano le «case del popolo» dell’associazionismo prefascista. Al tempo stesso, l’ineguale distribuzione delle risorse finanziarie tra le diverse aree del paese creò un notevole divario tra i circoli del Sud e quelli Nord, che potevano disporre in quantità notevolmente superiore dei contributi dei comuni e delle donazioni dei privati. Soprattutto, l’ente fu sin dall’inizio al centro di un conflitto tra il governo e il Pnf, che se ne contendevano la guida, dal quale derivò la difficoltà a raggiungere un equilibrio organizzativo stabile e condiviso.
Nel ripercorre queste vicende, Vigilante sceglie di concentrarsi sull’organizzazione dell’apparato, sulla composizione del personale dirigente e sull’inquadramento normativo, privilegiando quindi una storia interna dell’Ond che, inevitabilmente, lascia ai margini dell’analisi il concreto sviluppo delle attività, le risposte dei diversi settori della società, le relazioni con i destinatari delle iniziative del dopolavoro. Temi, questi, che erano invece al centro del primo studio sistematico e approfondito sull’Opera, il volume di Victoria De Grazia, The culture of consent. Mass organisation of leisure in Fascist Italy (1981, tradotto in italiano da Laterza lo stesso anno). Nello spostamento del fuoco dell’analisi e della prospettiva interpretativa (dalla storia sociale alla storia istituzionale) stanno le ragioni dell’originalità e dell’interesse di questo nuovo volume. Ma lo slittamento tematico è anche la spia di un più generale cambiamento nei temi e nei problemi che ha segnato la storiografia sul fascismo negli oltre trent’anni intercorsi, ora concentrata molto più sulle azioni e sulle parole del regime che sul comportamento e sulle reazioni della società.

Alessio Gagliardi