Cerca

Luciano Cafagna – Cavour – 1999

Luciano Cafagna
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

Cafagna ha colto l’occasione di questo suo ritratto storico del Conte di Cavour per rendere omaggio alla categoria della politica. Categoria che a lui pare particolarmente negletta di questi tempi, per altri prevalenti approcci, che non definiremmo più come ideologici, ma derivati piuttosto dallo stemperarsi moralistico di un sempre meno definito dover essere, come premessa e fine dell’agire politico, in cui manca prioritariamente la scelta di un obiettivo e il conseguimento del relativo risultato, come oggetto di valutazione, sia di natura politica, sia propriamente etica. È un Cafagna sdegnato e sdegnoso quello che in queste pagine si confronta con Cavour, nella convinzione di aver trovato un soggetto più che mai adatto ad una corretta rappresentazione dell’agire politico. Cafagna scrive con rigore storico una biografia, ma il suo protagonista diviene implicitamente un modello esemplare. Ed è un modello individuale, il “principe” di Machiavelli, piuttosto che quello collettivo di Gramsci o di altri. Non solo egli fa dunque radicalmente della storia politica nel senso tradizionale del termine, ma sembra dire che senza di essa, come premessa d’ogni storia, non c’è storiografia possibile.
Così rispetto all’ampia bibliografia storica su Cavour la biografia di Cafagna ha tratti davvero originali. Se ad esempio la si compara alla momentale opera di Romeo, ultimo lascito della tradizione storiografica liberale su questo tema, molte pale di quel complesso polittico vengono accantonate. Lo stesso liberalismo cavouriano non è al centro della scena, piuttosto è il fondale necessario di questa. Cafagna sembra marcare una discontinuità tra Cavour e l’Italia liberale che gli succede. Anzi questa discontinuità è avvertita come un tratto della storia italiana unitaria. Le aporie sono molte e tra queste quelle che la tradizione democratica ha sempre messo in luce. Un paese tendenzialmente immobile nello sviluppo della sua vita civile e politica, in cui la dimensione, ad esempio, del “riformismo”, a cui Cafagna fa esplicito riferimento, non può acquistare mai concretezza, con una classe dirigente fragile, una specie di tela sottile sempre destinata in più tratti a lacerarsi.
Di qui la funzione demiurgica di qualche rara figura di statista, che assume tutta intera la prerogativa della “resposabilità politica” ed è capace di far fare dei passi avanti al costrutto civile e politico del paese, rimanendo sempre lontano il traguardo di una piena “modernità”. Di qui Cavour, come miracolo italiano, in cui l’assunzione della “responsabilità politica”, ai livelli più alti, implica un temperamento di “giocatore”, cioè il coraggio di rischiare se stesso, di contro alla posta che si vuole acquisire per sé, ma soprattutto per gli altri. Il capitolo intitolato, “Cronaca della grande partita” è una sintesi davvero molto riuscita, piena di intelligenti spunti critici, degli episodi chiave della nostra “rivoluzione nazionale”, l’unica che l’Italia abbia portato a compimento.

Piero Craveri