Anno di pubblicazione: 2002
Gli atti raccolgono, oltre la breve Introduzione di Biscardi e la Postfazione di De Francesco, 2 relazioni introduttive, 16 relazioni più o meno brevi, 5 interventi conclusivi. La prima relazione è stata opportunamente affidata a Fulvio Tessitore, che deve essere considerato il maggior studioso contemporaneo di Vincenzo Cuoco. Negli studi cuochiani più recenti le acquisizioni più importanti mi sembrano: a) le approfondite ricerche di De Francesco, che, a dirla con Galasso ha ?disserrato? lo scrittore e il politico molisano; b) la completa disponibilità degli scritti giornalistici (Conte; Martirano 1999); c) la ripresa di interesse sulla fortuna ? o sfortuna ? di Cuoco in Francia (Rao, Bouyssy). Questi risultati non mancano di aver rilievo nei contributi congressuali, che toccano però molteplici altri temi della storiografia cuochiana.
De Francesco attribuisce la scelta del tema del congresso al desiderio di risolvere contrasti e perplessità (politiche e storiografiche) tra le quali sarebbe nato il ?Comitato nazionale per la celebrazione delle repubblica napoletana del 1799?, finanziatore delle iniziative. ?La scelta […] collocava il convegno a margine delle celebrazioni [?] ma consentiva pure di spostare l’angolo dal quale guardare al primo esperimento di democrazia politica nel Mezzogiorno: non era infatti più necessario sostare sulla Repubblica napoletana e dunque riflettere attorno al suo generoso programma di rinnovamento politico-civile (risoltosi non di meno in un innegabile, drammatico fallimento); e l’attenzione poteva invece correre alla stagione immediatamente successiva, quando i sopravvissuti alla tragedia ? tra i quali Cuoco, appunto ? seppero avviare un dibattito sulle ragioni della sconfitta?.
Alcuni degli interventi conclusivi prendono atto che l’interesse per Cuoco, nella cultura italiana odierna, è declinato o è declinante. Carpi collega questo fatto al declino dello stato nazionale, ma cerca di trovare un nuovo appiglio all’attualità del Cuoco nel suo orizzonte europeo.
Nell’intervento conclusivo Galasso parte anche egli dalla constatazione di ? una desuetudine da Cuoco a datare perlomeno, qualcuno dice dall’immediato dopoguerra, qualche altro dagli anni Sessanta [data quest’ultima che gli sembra più appropriata] ? in stretta connessione con il declino dei valori nazionali?. Ma poi, ? l’Italia si è riscoperta soprattutto attraverso le reazioni al movimento e all’azione della Lega Nord e nella conseguente crisi politica?. Anche se si guarda ora all’Italia in tutt’altro contesto, Cuoco andrebbe ?spontaneamente verso una nuova presenza?. In sintesi Galasso torna a ribadire e a riavvalorare la più o meno consolidata tradizione cuochiana ammonendo che non si deve guardare al solo Saggio storico, ?dal quale siamo giustamente fuorviati?, ma all’opera complessiva dello scrittore molisano, ricca di spunti vari dai problemi del costituzionalismo ai temi della politica scolastica e dei fini e dei valori di un sistema educativo, al ?Platone in Italia?, opera di straordinaria importanza. Il ?Platone? richiama Vico e la tradizione della storiografia meridionale consentendo di riferirsi al fondamentale attributo storicistico che sarebbe il motivo più profondo della sopravvivenza ancor oggi del Cuoco.