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Luisa Tasca – Galatei. Buone maniere e cultura borghese nell’Italia dell’Ottocento – 2004

Luisa Tasca
Firenze, Le Lettere, pp. 234, euro 22,50

Anno di pubblicazione: 2004

L’autrice si è avventurata nella selva di galatei che sommersero l’Italia ottocentesca: basti ricordare le 27 edizioni di uno dei testi di maggior successo, La gente per bene (1877), della marchesa Colombi, nom de plume di Maria Antonietta Torriani, moglie di Eugenio Torelli Viollier, fondatore del «Corriere della Sera».
Genere letterario difficile da circoscrivere per il suo contenuto spesso estensivo e multiforme, il galateo ottocentesco costituisce comunque, nella gamma delle sue declinazioni, una fonte significativa per ricostruire le fasi del processo di ascesa della borghesia, nella transizione, tra ?ceto e censo? di una società in cui si andavano ridefinendo i confini tra i gruppi sociali. Dedicate alcune pagine alla produzione editoriale e alla ricezione da parte di un pubblico ancora largamente analfabeta di questi codici scritti di comportamento, Tasca ne individua alcune grandi tipologie, pur ammettendo la loro insufficienza a tenere insieme tutta la ricchezza dei sistemi normativi.
Nel Nuovo galateo di Melchiorre Gioia (Milano, 1802), emblema di una trattatistica fiorente nel primo Ottocento, ispirata dal principio dell’?incivilimento?, le ?buone maniere? assumevano una valenza pubblica e politica, in quanto strumento nelle mani del ?ceto civile?, nella costruzione di un nuovo ordine politico-sociale imperniato sul merito individuale, anziché sui privilegi ascritti. Mentre i modelli proposti dai cosiddetti ?galatei morali? dei primi decenni postunitari rispecchiavano il paternalismo di un ceto dirigente che mirava a conciliare disciplina civile e religione nell’ambito di una collaborazione interclassista garante di stabilità sociale. Una prospettiva laicizzante e più marcatamente privatistica connota invece i manuali di etichetta pubblicati nello scorcio del secolo, spesso risultante di un’integrazione editoria-giornalismo, nei quali emerge una maggiore autoconsapevolezza borghese. La loro rottura rispetto alla tradizione si coglie sia nel dettato, più orientativo che prescrittivo, sia nella femminilizzazione ormai prevalente quanto alle autrici e alle destinatarie, donne che coniugavano virtù domestiche e virtù mondane.
Il discorso dell’autrice si fa meno convincente là dove affiora qualche forzatura nel collegare un po’ meccanicamente i cambiamenti nel tessuto della società al loro rispecchiarsi nei modelli comportamentali dei galatei. Spiace, infine, che in una trattazione così ricca, fino a considerare i contenuti della produzione educativa socialista, in bilico tra compromessi e affermazione di valori alternativi alla grammatica borghese, manchi un accenno ad un’altra importante componente del ?fenomeno galatei?: vale a dire a quel nutrito filone di compendi deontologici volti, nel corso del XIX secolo, a definire il profilo dei professionisti ? medici ed avvocati in particolare ? ovvero di uno dei segmenti più rilevanti delle borghesie ottocentesche non imprenditoriali.

Maria Luisa Betri