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L’utopia e il terrore

Karl Schlögel
Milano, Rizzoli, 828 pp., € 30,00 (ed. or. München, Fischer Taschenbuch, 2008, traduzione di Giovanni Giri, Rachele Salerno, Roberta Zuppet)

Anno di pubblicazione: 2016

L’a., di cui sono già tradotti in Italia i saggi riuniti in Leggere il tempo nello spazio (2009) e Arcipelago Europa (2011), propone un inedito riordinamento del materiale sul grande terrore raccolto dagli storici prima del 1991 e delle fonti emerse in seguito all’apertura degli archivi. L’originalità del libro sta nell’avere organizzato con metodo quasi ogni capitolo in due parti, innovando uno schema già utilizzato nella storiografia sul terrore.
Nella prima vengono presentati gli uomini che in ogni campo dei saperi (scientifici e umanistici) stavano costruendo la modernità dell’Urss e quelli che al governo politico del paese progettavano la società comunista: «illustri leader rivoluzionari, statisti e diplomatici noti in tutto il mondo, oltre che tecnici e dirigenti tanto necessari per la ricostruzione della nazione». Nella seconda parte quegli stessi uomini «diventano» improvvisamente nemici dello Stato e vengono fisicamente eliminati: «Tutti furono accusati di cospirazione in rivolte e assassini, di aver tessuto reti di spionaggio e di coinvolgimento nella devastazione delle fabbriche, delle miniere o degli istituti di ricerca». A questi fatti dell’élite, su cui la documentazione è ormai cospicua (vedi la documentazione relativa ai processi) e su cui si ritorna di continuo grazie alla scoperta di diari, memorie e corrispondenze, si aggiunge la realtà delle «persone comuni, estranee al partito, scelte e sistematicamente massacrate sulla base di criteri etnici e sociali» (pp. 13-14).
L’a. scrive di non avere l’ambizione di esporre una «nuova tesi sulla natura o sulle dinamiche dello “stalinismo”», ma di volere «studiare e ricostruire gli eventi nel modo e nel luogo in cui si sono verificati», rivendicando la necessità di recuperare nella rappresentazione storica «una procedura conforme alle classiche unità di tempo, di luogo e di azione» (p. 15). Si potrebbe dire che si tratta di un progetto più facile da enunciare che da realizzare. E in realtà lo schema, che intende riprendere il concetto di «cronotopo» (Bachtin), si presenta in modo tutt’altro che lineare. Ma aiuta a pensare alla possibilità d’integrare nel lavoro dello storico fonti sempre meno «classiche», secondo una procedura ormai comune, e soprattutto ad immaginare le possibilità di una «storia sincronica».
Fa in effetti una certa impressione seguire il terrore (una «topografia delle sparizioni») del 1937-1938 mentre si tiene a Mosca il diciassettesimo congresso geologico universale; si partecipa a Parigi all’esposizione universale con un acclamato padiglione; si sopprime il censimento generale che doveva sanzionare il salto, ma aveva fallito nello scopo; si trasforma architettonicamente e urbanisticamente la capitale; si accumulano grandiose celebrazioni (da Puškin al ventennale della Rivoluzione); si fa ascoltare la radio che propone anche jazz e si fa vedere il cinema nella sua sperimentazione. E poi le parate degli sportivi; le avventure dell’aeronautica oppure le imprese degli scalatori; le «code» davanti ai negozi e l’abbondanza nelle residenze riservate: uno scrigno di immagini e suggestioni.

Antonella Salomoni