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Marco Clementi – Cecoslovacchia – 2007

Marco Clementi
Milano, Unicopli, 351 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2007

Clementi è ricercatore di Storia dell’Europa orientale all’Università della Calabria; ha pubblicato lavori nel campo della storia russa e sovietica, sui temi del dissenso, della storia politica italiana contemporanea, delle relazioni internazionali.Cecoslovacchia è parte di una collana di manuali («Storia d’Europa nel XX secolo») costituita da volumi dedicati alle storie nazionali dei paesi europei nell’ultimo secolo. Il libro è suddiviso in sette capitoli. Il primo, che funge da introduzione, illustra aspetti della vita politica, economica e culturale delle terre ceche e slovacche dell’800 e gli eventi riguardanti la prima guerra mondiale. Il secondo ed il terzo sono dedicati al periodo tra le due guerre mondiali e alla seconda guerra mondiale. I successivi quattro capitoli descrivono i sessant’anni che portano ai giorni nostri, attraverso le varie fasi d’epoca sovietica e post-sovietica.Ogni manuale ha un proprio asse privilegiato. Punto focale del lavoro di Clementi è il tema della lotta tra oppressione e libertà. Particolare rilievo – a volte un po’ troppo ricco di dettagli per il carattere manualistico del volume – assumono quindi le questioni degli interventi manipolativi e coattivi dello stalinismo, la tragedia delle purghe, lo slancio della primavera di Praga, il ripiegamento delle coscienze negli anni ’70, Charta77?La narrazione si colloca tra quell’approccio tradizionale che è stato definito l’interpretazione whig della storia ceca – vedi la formulazione di T. Mills Kelly in http://www.h-net.org/reviews/showrev.cgi?path=12415864048863 – e le valutazioni caratteristiche delle nuove storiografie critiche. A volte sono ripresi i temi specifici delle nuove storiografie (tema dell’espulsione dei tedeschi; critiche severe ad Edvard Bene?); altre volte prevale la tradizionale visione di un mondo ceco naturalmente democratico e progressista (la cosiddetta versione whig). Il capitolo introduttivo, ad esempio, descrive gli orientamenti politici dei nazional-liberali cechi della seconda metà dell’800 sulla base delle posizioni espresse da F. Palacký nel 1848. Ma la mutazione intervenuta nel mondo politico ceco all’inizio dell’era costituzionale è sostanziale: i nazional-liberali cechi si accordano con la cosiddetta nobiltà federalista boema subendone l’iniziativa politica, spesso animata da intenti chiaramente restauratori.Egualmente un po’ priva di chiaroscuri è l’immagine della nuova democrazia ceca post 1989: si perdono tratti importanti. Ad esempio l’accordo tra l’instabile governo socialdemocratico e l’opposizione di V. Klaus nel 1998 non è solo espressione di un desiderio comune di governabilità, ma è certamente «incoraggiato» da uno scambio preciso: i socialdemocratici non saranno bloccati da richieste di voto di fiducia da parte del partito di Klaus, mentre quest’ultimo riceve la promessa che non ci saranno serie indagini sulle opache vicende delle privatizzazioni (gestite dai precedenti governi Klaus). Può essere interessante, a riguardo, ricordare come la parola ceca tunelování – insieme di procedure semilegali di appropriazione privata di beni pubblici – sia entrata nelle pagine di wikipedia inglese.

Alfredo Laudiero