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Maria Luisa Tornesello – Il sogno di una scuola. Lotte ed esperienze didattiche negli anni Settanta: contro scuola, tempo pieno, 150 ore – 2006

Maria Luisa Tornesello
Pistoia, Petite Plaisance, 414 pp., euro 27,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il sogno di una scuola affronta lo studio delle innovazioni didattiche, delle pratiche educative e delle forme dell’azione politica sviluppate nel mondo scolastico nel corso degli anni ’60-70. Questi tre elementi, tra di loro interconnessi, mostrano come le innovazioni didattiche si sono nutrite degli stimoli provenienti dai movimenti sociali (cap. 3), mentre le pratiche educative hanno messo in discussione i ruoli costituiti sia nella scuola sia nel lavoro o in famiglia (capp. 4-5). Infine, tali esperienze vengono legate alle spinte egualitarie allora ben presenti in altri campi sociali (si pensi ai conflitti industriali degli anni ’69-74) e precipitate in un «rifiuto del ruolo» che ha coinvolto anche altre professioni, specie nei servizi. Lo studio presentato è lo sviluppo di una ricerca per il Dottorato di Storia delle società contemporanee presso l’Università di Torino; l’autrice, inoltre, vanta una lunga esperienza di insegnamento nella scuola e nei corsi delle «150 ore»; ha anche curato la costituzione del fondo Primo Moroni presso la Fondazione ISEC di Sesto San Giovanni, in cui sono raccolte fonti per lo studio della didattica alternativa. Le stesse fonti utilizzate nella ricerca sono vaste e per alcuni aspetti originali (materiali didattici, verbali scolastici, ricerche ed elaborati degli studenti, oltre che volantini, riviste e documenti sindacali); esse vengono presentate assai ampiamente; cosa che, tuttavia, a volte risulta ridondante e non sempre proficua, specie per il livello di attenzione suscitato nel lettore. I soggetti dello studio, coerentemente con uno sguardo di ricerca che è anche debitore delle esperienze di insegnamento dell’autrice, illustrano i diversi attori della «relazione educativa»: gli studenti, i «nuovi» insegnanti, i volontari, gli studenti-lavoratori, gli operai e le donne dei corsi «150 ore», i portatori di handicap (cap. 2). Questo approccio, se da una parte consente di includere soggetti altrimenti ai margini della storiografia, dall’altra non pare adeguatamente articolato con la nozione riepilogativa di «movimento», che pure viene utilizzata dall’autrice per raggruppare i temi e i soggetti in esame. Un movimento sociale non convenzionale per i tempi, legato alla sperimentazione di nuove pratiche didattiche, emerge senz’altro, specie nelle parti dedicate all’editoria indipendente o all’associazionismo radicale nel campo educativo (le esperienze de «L’Erba voglio» o del Movimento di cooperazione educativa). Non sempre tuttavia questo può dirsi per tutti i soggetti affrontati, collocati a volte in una cornice di movimento troppo estensiva, strutturata intorno a una figura centrale a tratti sfuggente: il «nuovo insegnante». Ciononostante, nella ricerca si tenta di aprire una riflessione intorno a un concetto più complesso di «movimento sociale», e si scorgono i tratti di un problema che interroga tuttora la storiografia dei ’70: il rapporto tra l’attivismo diffuso e le organizzazioni politiche, tra pratiche culturali/professionali e azione collettiva, in un contesto di vasti cambiamenti sociali e di soggettività.

Beppe De Sario