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Maria Malatesta (a cura di) – Corpi e professioni tra passato e futuro – 2002

Maria Malatesta (a cura di)
Milano, Giuffrè, pp. 203, euro 15,50

Anno di pubblicazione: 2002

Quattordici autori (curatrice inclusa) per duecento pagine. Fanno, di media, quindici pagine a testa; utilizzate in modo difforme: chi presenta riflessioni, chi messe a punto, chi rapide sintesi, chi referti di ricerca. Ma il recinto tematico tiene, sicché il lettore non fa fatica a individuare connessioni, rinvii, consonanze.
Il discorso si dipana sostanzialmente tra il nostro paese, la Francia e la Germania; e, se qua e là si parla ? com’è ineluttabile ? di globalizzazione, l’orizzonte è senz’altro quello europeo.
Malatesta parla di cose che conosce come pochi e stringatamente delinea cinque fattori di crisi delle identità (e dei corpi) professionali: l’assalto dei numeri, la pressione specialistica, le sollecitazioni del mercato, la femminilizzazione, la crisi dello Stato nazionale.
Il ponte tra passato e futuro ? promesso dal titolo ? è gettato da discorsi a campate larghe, come quelli di Prodi e Zamagni. Entrambi richiamano le radici antiche degli ordini professionali e individuano le condizioni alle quali essi possono continuare a rivestire un ruolo decisivo nella ?costituzione sostanziale? (Prodi) del mondo di oggi. Il segreto sta nella difesa della propria autonomia su due fronti: verso l’economia e l’impresa, da un lato, verso la politica e lo stato, dall’altro.
A proposito della relazione tra professioni e Stato, sotto il cui ?usbergo? esse hanno comunque vissuto un’intensa stagione otto-novecentesca, Cassese diagnostica incisivamente gli elementi di crisi di quella relazione.
Poi gli interventi si snodano tra la ricostruzione di transiti risalenti (come quello ?dalle arti liberali alle professioni?, ritratto da Brambilla) e transiti attuali (come quello verso un professionismo ?etico’ sorpreso da Thorstendahl nelle ONG); tra approcci interessati ai profili della stratificazione e composizione sociale (Penuti, Charle, Gadea sulla femminilizzazione del foro) e approcci più immediatamente rivolti a chiarire le dinamiche di riproduzione dei corpi professionali (vedi Halpérin e Mcclelland, e Tousijn, col suo efficace inquadramento della ?dominanza medica?).
Schiacciante ? ma giustificata dalla genesi della pubblicazione ? la prevalenza dei contributi concernenti le professioni legali. Ma alle ?professioni tecniche? è comunque dedicato l’intervento di chiusura. Gemelli vi ritrae una figura di ingegnere sospinto ? immediatamente dall’information technology, ma più profondamente da una riattivarsi della dialettica tra creazione ed esecuzione ? verso un’interpretazione più ampia del proprio ruolo.
Un discorso a parte meriterebbe il contributo di Beneduce, mirato ? direi ? alle ?pratiche professionali?: al ?parlare in pubblico? come allo scrivere. Beneduce vi indossa almeno tutti e sei i colori che, secondo le regole degli ordini cittadini della ?antica Inghilterra?, erano attribuiti ? egli stesso ce ne informa ? agli abiti dei ?dotti? e degli ?storiografi?.
Il volume, nato da un convegno organizzato dal Dipartimento di Discipline storiche di Bologna, col supporto dell’Ordine degli avvocati della città, è sfaccettato e denso; non sistematico, ma di orizzonte ampio e di senso compiuto.
Tra quanto inevitabilmente rimane in ombra, risalta, per il fatto stesso di essere più volte evocato, il tema del rapporto novecentesco tra Stati e professioni: profilo più propriamente istituzionale su cui si ripercuote, quando non ne è generata, la crisi attuale.

Fabio Rugge