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Maria Teresa Mori – Salotti. La sociabilità delle élite nell’Italia dell’Ottocento – 2000

Maria Teresa Mori
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

I protagonisti, i codici e gli spazi del salotto, nella sua declinazione ottocentesca: questo l’oggetto del saggio, indagato attraverso un ricco repertorio di fonti a stampa. Ci troviamo dunque nell’ambito degli studi sulla sociabilità, luogo privilegiato per l’indagine sul “secolo borghese”, visitato di frequente, negli ultimi anni, anche dalla storiografia italiana. Rispetto a questo quadro, la ricerca conserva un’ottica leggermente eccentrica, poiché sceglie di concentrarsi su un oggetto poco afferrabile ed apparentemente informale, piuttosto che sull’universo associazionista. L’obiettivo è quello di cogliere i nessi tra civil conversazione e discorso pubblico, seguendo il processo di lungo periodo che porta dall’ambito familiare del salotto a quello della politica, attraversando tutto il secolo.
In questo processo, il rapporto con il modello cortigiano svolge un ruolo di rilievo. Da qui il salotto mutua il ruolo di civilizzazione e disciplinamento sociale, coltivato attraverso una codificazione dell’apparenza e del confronto interpersonale che risulta non meno strutturata delle altre forme di sociabilità notabile. E la relazione con la corte si articola in modi diversi nelle città della penisola la socialità salottiera. A seconda che l’aristocrazia urbana si identifichi con la corona, come a Napoli o a Torino, o si allontani da essa come a Milano, diversi sono i ceti che animano i circoli serali: nel primo caso ne sono protagonisti i professionisti del diritto, destinati dopo il 1848 ad esportare a Torino i loro salotti, mentre la socialità milanese è mista ed aperta.
Nel corso dell’Ottocento aumenta la distanza dalla corte, già evidente nell’impianto utilitaristico ed individualista della convenzionalità ottocentesca. Un’attitudine che prevarrà alla fine del secolo, quando la morfologia del salotto si trasforma parallelamente al trasformarsi della politica. Quest’ultimo elemento è centrale nella tesi del saggio. La società di conversazione, “scuola di interesse per il mondo” nell’accezione leopardiana, sodalizio tra pari aperto e libero, nello scorcio di secolo tra Restaurazione e Risorgimento può ben contenere il gioco della politica. Una concezione del discorso pubblico destinata tuttavia a tramontare dopo il 1876, con il trasformismo e la fine dell’epoca “eroica”: ed è qui che si chiude la ricerca.
Al centro di questo universo separato e domestico, lontano dalla corte come dalla cospirazione settaria, si trovano le donne notabili, le salonnières inquiete ed eversive rispetto ai ruoli stabiliti dalla tradizione, intellettualmente curiose e vivaci, impegnate nel dibattito patriottico ed animatrici dei circoli cultural-mondani. Ad esse l’autrice dedica un ritratto a tutto tondo, che ci consente “di innamorarcene ancora un poco”, e rende giustizia ad una sezione consistente e ancora poco visibile del Risorgimento italiano.

Carolina Castellano