Anno di pubblicazione: 2009
Pubblicato in Gran Bretagna nell’estate 2008, preceduto da un discreto lancio pubblicitario su alcuni quotidiani, il volume si propone come un racconto globale della prima guerra mondiale sul fronte italiano, dalle radici del conflitto alla sua conduzione, dai generali alla vita quotidiana del soldato, fino alla genesi dell’inquieto dopoguerra. Il fatto che un’opera in inglese dedicata alla guerra in Italia venga gratificata da un notevole successo di pubblico sarebbe, già di per sé, degno di nota, considerato che gli storici anglosassoni consacrano alle vicende degli ex alleati meridionali la stessa attenzione riservata di norma al fronte di Salonicco. Anni fa, John Schindler ha sottolineato questo sostanziale disinteresse intitolando un suo accurato lavoro, non casualmente, Isonzo. The forgotten sacrifice of the Great War (Westport, Praeger, 2001).Tuttavia, va subito sottolineata la radicale differenza tra le due opere: mentre quella di Schindler è una storia militare nel miglior senso del termine, basata su un’ampia ricerca originale negli archivi di cinque paesi e su una rara padronanza della letteratura, quello di Thompson è «un libro di storia raccontata, e non si basa su una ricerca metodica sulle fonti primarie» (p. 501). Si tratta di una precisazione importante: chi cerchi in queste pagine resoconti inediti, annotazioni originali o anche semplicemente una nuova prospettiva sulla Grande guerra combattuta, vissuta e ricordata, perderà il suo tempo.La guerra bianca è una sintesi, basata in larga parte su una bibliografia vasta, ma mai esauriente, con molti ammiccamenti alla pubblicistica divulgativa. Forse, invece di basarsi su opere più caratterizzate dal fascino narrativo che dalla solidità scientifica (la biografia di Cadorna di Gianni Rocca non è certo il migliore esempio di ricerca sulla figura del generalissimo), l’a. avrebbe fatto bene a curare meglio la conoscenza della storiografia italiana. Stupisce, ad esempio, scoprire che non sia in bibliografia Il mito della Grande Guerra di Mario Isnenghi; che tra i contributi più importanti offerti dalla nuova generazione di storici non venga citato il volume di Ceschin su Gli esuli di Caporetto; che si voglia dedicare un capitolo (su 28) alla guerra alpina, ma non si citi un singolo saggio significativo tra quelli (non pochi) dedicati agli alpini nella Grande guerra; infine, che di tutta la relazione ufficiale dello Stato maggiore (L’esercito italiano nella Grande guerra) non si utilizzi che un unico tomo, relativo al 1917.Sono lacune comprensibili solo pensando che l’a. abbia voluto realizzare non una monografia scientifica sulla guerra, ma una narrazione (indubbiamente seducente) rivolta ad un pubblico del tutto digiuno di storia italiana. Viene da chiedersi allora perché proporla al lettore nostrano, che la troverà perlopiù inutile, soprattutto in considerazione dei non pochi errori di fatto – la casta militare piemontese non era antisemita (p. 67); il Trentino non era «finito sotto controllo austriaco nel 1815» (p. 109), solo per citarne alcuni – e di una traduzione poco attenta, sovente ai confini del ridicolo: principi «di Torre e Tasso» (p. 435, n. 9)?