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Massimiliano Griner – Piazza Fontana e il mito della strategia della tensione – 2011

Massimiliano Griner
Torino, Lindau, 309 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2011

Dopo essersi occupato delle organizzazioni del fascismo, dalla Banda Koch alla Legione Muti ai volontari fascisti in Spagna, qui Griner si interroga sulla strategia della tensione, considerata come l’indicazione di un «perdurante tentativo di destabilizzare la situazione politica italiana e di minare la credibilità delle istituzioni democratiche al fine di instaurare un regime autoritario» (p. 12). Il fine è contestare l’abuso di questa chiave di lettura che secondo l’a. si è imposta nella storiografia e nella politica come la via predominante, se non unica, per capire la lunga stagione stragista. Il racconto inizia così alla Banca dell’agricoltura di Milano nel dicembre del 1969 e si conclude sui vagoni del treno Italicus nell’agosto di cinque anni dopo (la cui analisi, peraltro, è solo lambita, risolvendosi in una pagina e mezza). Il volume è organizzato in tre parti, chiamate atti. La prima è dedicata a Piazza Fontana e agli eventi che l’hanno seguita, a partire dalla morte di Pino Pinelli; la seconda a quelle altre stragi – il deragliamento della Freccia del Sud, la strage di Peteano, la bomba alla questura di Milano – che secondo l’a. sono generalmente intese come la dimostrazione dell’esistenza di una strategia della tensione; il terzo atto si confronta con le dinamiche interne al neofascismo soprattutto veneto e ad alcuni dei suoi protagonisti, a partire da Giovanni Ventura e Franco Freda.Per criticare quello che chiama «canone» della strategia della tensione, l’a. ricostruisce i singoli eventi, integrando l’analisi della letteratura con documenti e interviste ad alcuni dei protagonisti degli ambienti neofascisti dei primi anni ’70. Privilegia la ricostruzione di vicende e finalità del neofascismo eversivo italiano, arrivando a evidenziare contraddizioni e debolezze nelle letture più o meno dietrologiche dell’intera stagione stragistica italiana, e non solo. Così, secondo l’a., la pista anarchica perseguita da chi indagava su Piazza Fontana trovava una logica nell’alto numero di attentati di matrice esplicitamente anarchica avvenuti nei mesi prima, mentre i tanti inquinamenti e depistaggi operati in occasione della strage di Peteano si spiegavano con la necessità delle istituzioni di non far scoprire la rete Gladio.L’idea di mettere criticamente a prova la categoria di strategia della tensione confrontandola con il merito dei contesti, delle dinamiche in cui si muovevano gli attori e delle loro intenzioni è un fine che merita di essere rilanciato, così come la critica dell’abuso di questa chiave di lettura e delle semplificazioni che essa ha portato e porta al discorso storico come a quello politico sugli anni ’70. Questa prospettiva offre spunti interessanti per problematizzare la ricostruzione di queste vicende, che richiedono di essere raccolti e ulteriormente indagati, salvo però confrontarsi in maniera più efficace di come abbia fatto questo volume con quel complicato rapporto tra neofascismo e pezzi delle istituzioni dello Stato, la cui azione di depistaggio nelle varie inchieste sulle diverse stragi può essere considerata una delle costanti di questo decennio.

Emmanuel Betta