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Massimiliano Soldani – L’ultimo poeta armato. Alessandro Pavolini segretario del Partito Fascista Repubblicano – 1999

Massimiliano Soldani
Società Editrice Barbarossa, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

La figura di Pavolini trasmessa da certa memorialista fascista e ripresa in abbondanza dalla letteratura storiografica necessita senza dubbio di revisioni. Espressioni quali “estremista fanatico”, “sanguinario”, “il Saint-Just della Rsi” sono infatti insufficienti e inadeguate, trattandosi di giudizi ad effetto piuttosto che fondati su una disamina delle fonti.
Il lavoro di Soldani – già curatore nel 1998 per la stessa casa editrice della riedizione del pavoliniano Nuovo Baltico – non si presenta tuttavia come una revisione documentata di quelle asserzioni. Tranne la testimonianza della figlia Mia (Maria Vittoria), poco numerosi sono infatti i nuovi apporti documentari: è il giudizio sulla figura e l’opera di Pavolini a essere specularmente rovesciato rispetto a quello corrente. Il giovane federale di Firenze e direttore del “Bargello” tra fine anni venti e inizi anni trenta, il ministro della Cultura popolare dal 1939 al 1943, il segretario del Pfr nei mesi della Rsi viene proposto quale “il più fascista dei gerarchi”, leader carismatico apportatore di una originale ideologia politica e sociale o, meglio, come continuatore e sintetizzatore di quella che viene da Soldani (e non solo da lui) definita “ideologia italiana”. “L’unico prodotto veramente nazionale era quella forma di socialismo prima romantico, poi rivoluzionario, infine marxista e da ultimo antimarxista che, pur provenendo dalla scuola politica francese, aveva avuto tra gli intellettuali italiani i maggiori teorici, confluiti successivamente (con eccezioni importanti come De Ambris, Labriola ecc.) nel Fascismo (altra creazione tipicamente italiana)” (p. 92).
Nella disputa interna al mondo fascista su cosa dovesse definirsi “vero fascismo”, Soldani non pare avere dubbi. È Pavolini l’espressione del “vero fascismo” in contrapposizione all’anima burocratica, militare, monarchica, conservatrice, moderata. Nel “socialismo fascista” di Pavolini la visione antidemocratica, antiliberale, antindividuale, antiborghese riusciva a combinarsi con quella totalitaria e sociale e con la fedeltà al capo. La Rsi si configura pertanto – secondo Soldani – come volontà di dar vita a questo “fascismo di sinistra”, che ha al centro Pavolini, Mussolini e il partito, e che trova i suoi limiti nella presenza dei tedeschi e delle componenti italiane moderate, nazionaliste, burocratiche, tecnocratiche (Graziani, Borghese, Tarchi…).
Se concordo con Soldani sulla necessità di superare il giudizio corrente sulla Rsi quale “difesa dell’onore nazionale” riportando invece al centro il fascismo (e per me la sua complessità), non concordo con la sua ricostruzione a tutto tondo e senza contrasti interni dell’”anima politica”, secondo cui Mussolini risulterebbe fautore della socializzazione, Pavolini interpreterebbe tutto il partito (pp. 71 e 200 e ss.) e il Pfr nulla avrebbe in comune col Pnf (pp. 135 e 165). Nell’Ultimo poeta armato – è chiaro che titolo ed editore non sono qui casuali – non si parla poi né di antisemitismo, né di violenza, né di terrore.

Dianella Gagliani