Cerca

Massimo Campanini, Karim Mezran (a cura di) – I Fratelli Musulmani nel mondo contemporaneo – 2010

Massimo Campanini, Karim Mezran (a cura di)
Torino, Utet Libreria, XVIII-253 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2010

La domanda che guida i contributi di questo volume è se i Fratelli musulmani (Fm) possano avere avuto in passato, nel presente o nel futuro un ruolo egemonico all’interno delle società arabo-musulmane. I contributori introducono nell’analisi del fenomeno islamista contemporaneo alcune categorie gramsciane, in particolare quella di egemonia. Tale strumento, a loro giudizio, non appare fuori luogo, pur trattandosi di movimenti religiosamente connotati, ai quali probabilmente Gramsci non avrebbe attribuito alcuna funzione «progressista». Il motivo risiede, a giudizio dei curatori, nel fatto che tali categorie conserverebbero un valore euristico notevole per comprendere le premesse teoriche e le prassi del discorso politico islamico contemporaneo.Questa è la premessa metodologica da cui discendono i vari case studies presentati: Egitto (Anthony Santilly), Sudan (Massimo Campanini), Giordania (Daniele Atzori), Palestina (Marco Di Donato), Marocco e Tunisia (Tiziana Giuliani). A tali contributi se ne aggiungono altri due che indagano il ruolo della Fratellanza musulmana in contesti di immigrazione, Usa (Karim Mezran) ed Europa (Stefano Allievi e Brigitte Maréchal).L’analisi dei case studies proposti presenta aspetti di interesse ed è, in linea generale, efficace, come nel capitolo sulla Giordania di Atzori o quello di Santilli sull’Egitto. In particolare, quest’ultimo contributo presenta tratti interessanti, ma l’applicazione delle categorie gramsciane all’esperienza dei Fm in Egitto appare giustapposta e non efficace nell’analisi tanto quanto l’individuazione, che pure egli propone, di un modello pervasivo di riforma della società perseguito dai Fm in chiave religiosa. Sarebbe forse stato interessante mettere in luce che tale progetto di riforma della società partiva dall’esperienza «laica» di un maestro elementare, Hassan al-Banna, che non aveva seguito una formazione religiosa tradizionale (al-Azhar).L’esclusione dell’esperienza siriana e algerina nel volume, inoltre, lascia un vuoto da colmare per l’estrema rilevanza che in tali contesti ha avuto la presenza e l’azione della Fratellanza.Quanto all’impostazione metodologica del lavoro, ci sembra di dover rilevare che l’uso delle categorie concettuali gramsciane, peraltro non nuovo nello studio dei fenomeni islamici contemporanei, non fornisca un quadro interpretativo convincente laddove è applicato. A tratti, il paradigma gramsciano sembra forzare l’analisi dei casi concreti, a scapito di griglie interpretative, forse meno innovative, ma più efficaci e che tengono maggiormente in considerazione non solo il contesto di provenienza, ma anche il carattere primariamente religioso della Fratellanza musulmana. Peraltro, in alcuni saggi il riferimento alle categorie gramsciane è del tutto assente (Giuliani, Di Donato, Mezran). Il saggio che maggiormente e in maniera più didascalica cerca di seguire la metodologia che ispira il volume è quello di Atzori sulla Giordania, anche se crediamo sia talvolta più efficace chiamare le cose col loro nome: si può dire che i Fm giordani ambissero a egemonizzare la società, ma essi aspiravano alla sua islamizzazione. Chiamiamola pure egemonia, ma islamizzazione rimane.

Paola Pizzo