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Mimmo Franzinelli – Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922 – 2003

Mimmo Franzinelli
Milano, Mondadori, pp. 464, euro 9,80

Anno di pubblicazione: 2003

Frutto di una lunga ricerca, questo libro disegna una mappa dello squadrismo fascista lungo l’arco cronologico compreso fra il 1919 e il 1922. Avvalendosi di una vasta documentazione, l’autore ha portato alla luce episodi poco noti, o del tutto sconosciuti, come ad esempio quello, davvero terribile, che accadde nell’Alto Marchigiano durante la prima settimana dell’ottobre del 1922. Gli squadristi delle Marche diedero la caccia per giorni al comunista Giuseppe Valenti, responsabile di aver ucciso due camicie nere per difendersi da un’aggressione, finché non lo catturarono, infine, in località San Martino dei Muri. Dopo averlo percosso, lo legarono sul cofano posteriore di un’auto, come fosse un cinghiale, e lo portarono a Fossombrone. Qui lo trascinarono nella sede del PNF, mentre i carabinieri assistevano senza intervenire, lo processarono in dieci minuti e lo condannarono a morte, ?a pugnalate prima e a fucilate poi? (p. 136).
L’episodio è emblematico, poiché racchiude, nella sua efferatezza, tutti i temi principali affrontati dal libro. Franzinelli racconta le imprese squadristiche, indica i luoghi della violenza e analizza dettagliatamente le tecniche. Nel medesimo tempo, redige un censimento generale degli squadristi, restituendo un nome e un volto a personaggi minori, come Raffaello Riccardi, segretario del PNF di Pesaro, che aveva organizzato la caccia a Valenti. Infine, mette in rilievo le molte connivenze che ci furono fra gli squadristi e le forze dell’ordine.
Calandosi nel vortice della guerra civile, l’autore dà conto altresì del tenore di vita e delle abitudini degli squadristi. Abitudini pessime talvolta, come erano certamente quelle degli squadristi di Venezia, ?abituati nell’imminenza dell’azione a ingurgitare bevande superalcoliche o addirittura ad assumere cocaina? (p. 56). Non si trattava, peraltro, secondo Franzinelli, di un caso isolato, dal momento che la squadra ferrarese Celibano si preparava alle spedizioni punitive bevendo brandy ed era noto che il luogotenente di Italo Balbo, Tommaso Beltrani, assumeva regolarmente cocaina. Cocainomani erano ugualmente alcuni giovani squadristi palermitani di estrazione borghese.
Ritraendo i tipi umani, poi, l’autore sembra talvolta considerare la violenza un tratto antropologico degli squadristi. Definisce infatti Mazzuccato un ?vandalo? (p. 23), parla di Albino Volpi come di un ?invasato di violenza? (p. 27), di Montanari come di un ?fanatico della violenza? (p. 71) e di Alfredo Frilli, infine, come di un ?personaggio sanguigno? (p. 98). Ora, che fra gli squadristi ci fossero anche alcolisti, cocainomani e violenti è possibile, anzi è altamente probabile. Tuttavia, se ci si sofferma troppo su questi aspetti si finisce per far scivolare nell’ombra e quasi offuscare la dimensione più caratteristica dello squadrismo, vale a dire la dimensione politica. In questo modo, si rischia di perdere di vista il fatto che il partito-milizia fu soprattutto un partito rivoluzionario e totalitario.

Loreto di Nucci