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Mio padre, Emanuele Notarbartolo

Leopoldo Notarbartolo
Palermo, Sellerio, 449 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2018

Dopo quasi settant’anni vengono ristampate le memorie dell’ammiraglio Leopoldo Notarbartolo (1869-1947), figlio del più famoso Emanuele, esponente di spicco della Destra storica e direttore del Banco di Sicilia (1876-1890), ucciso dalla mafia nel 1893. Lo scandalo, per quello che fu il primo delitto politico-mafioso, fu enorme: la mafia diventava per la prima volta un problema nazionale. Dell’omicidio furono incolpati alcuni esponenti della famiglia mafiosa di Villabate e, come mandante, l’onorevole della Sinistra Raffaele Palizzolo, acerrimo nemico di Notarbartolo sia in politica sia all’interno del Consiglio di amministrazione del Banco. Il processo Palizzolo spaccò l’opinione pubblica italiana in in- nocentisti e colpevolisti, tranne che a Palermo dove i primi erano la maggioranza.
La «memoria» del figlio diventa così una fonte preziosa per ricostruire le appartenenze politiche e le retoriche identitarie a corollario della vicenda. Palizzolo diventava – come si vede bene scorrendo le pagine di Notarbartolo jr. – la «vittima» del governo centralista di Roma e di Giolitti, delle industrie e delle banche, del protezionismo e degli operai socialisti, insomma di quei nemici (sempre tanti e sempre lontani) dello sviluppo della Sicilia. La costruzione di tale «sicilianismo» permetteva di proiettare all’esterno la conflittualità sociale, cercando di unire tutti i siciliani in un unico blocco contro i nemici esterni e impedendo al contempo di condannare il mandante e i sicari.
Utile per lo storico è anche la capacità del volume di leggere la vicenda della mafia fuori da uno schema arcaico, come pezzo di un passato lontano e antimoderno. Nelle pagine di Leopoldo Notarbartolo, l’economia e la politica della nuova Italia giocano un ruolo fondamentale, e la mafia si situa appunto nel rapporto tra queste due sfere: l’affarismo di fine secolo spezza la configurazione classista degli apparati di potere siciliani e anche della mafia, che per la prima volta con Palizzolo svela le sue intime relazioni in alto e in basso. Proprio nella grande trasformazione di fine secolo la mafia intravede una grande posta di profitto (materiale e simbolico) e cerca di afferrarla. Per Notarbartolo non ci sono dubbi: clientelismo, mafia e politica provocano una reazione a catena attorno alla questione bancaria, nodo cruciale della modernizzazione del paese, ed era lì che si nascondeva la verità sull’omicidio di suo padre. L’assoluzione finale di Palizzolo gettava nello sconforto Leopoldo che affidava al libro tutto il rancore verso l’Italia liberale, a suo dire trasformista e corrotta.
Il libro, terminato nel 1916, veniva riscritto sotto il fascismo, del quale suo padre sembrava un predecessore, e pubblicato solo in poche copie a Pistoia nel 1949. La sua ristampa – con un’Introduzione di Cristiano La Lumia e una Nota di Antonio Calabrò – risulta particolarmente significativa perché si situa tra la pubblicazione della Storia del Banco di Sicilia, a cura di Francesco Asso (Donzelli, 2017), e de La Mafia: centosessant’anni di storia di Salvatore Lupo (Donzelli, 2018), che ricostruiscono in maniera esaustiva anche le vicende dell’omicidio Notarbartolo.

Antonino Blando