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Monarchie mediterranee. Ferdinando IV di Borbone tra Sicilia ed Europa (1806-1815)

Sebastiano Angelo Granata
Roma, Carocci, 236 pp., € 23,00

Anno di pubblicazione: 2016

La discesa di Bonaparte in Italia nel 1796 e la successiva spedizione in Egitto nel 1798 portarono alle estreme conseguenze la lotta per il predominio nel Mediterraneo che le maggiori potenze europee avevano condotto durante il XVIII secolo: Gran Bretagna, Impero zarista, Impero asburgico videro minacciati i loro interessi nell’area e l’Impero ottomano fu costretto a subire l’aggressione del maggiore alleato avuto nel corso dell’età moderna. Ferdinando Borbone, allora al vertice di uno dei maggiori Stati della penisola, fu risucchiato nel vortice delle guerre internazionali e dovette prendere coscienza dei nuovi rapporti di forza maturati e del fatto che il suo territorio iniziasse ad essere trattato alla stregua delle altre minori potenze presenti nell’area mediterranea.
Il libro riporta l’attenzione su uno dei momenti più drammatici di questa congiuntura storica, quando Ferdinando Borbone, che già aveva perso il Regno di Napoli, conquistato dai napoleonidi e affidato da Bonaparte prima al fratello Giuseppe e poi al cognato Gioacchino Murat, rischiò di perdere anche il Regno di Sicilia sotto la minaccia di Lord William Bentinck. Questi eventi sono ricostruiti soprattutto attraverso il «Giornale di Affari» scritto dal re di Sicilia fra il 1813 e il 1815. La linea interpretativa del libro viene chiaramente esplicitata: esso «nasce dall’idea di dare voce alle strategie conservative della monarchia e in particolar modo al ruolo del suo rappresentante, Ferdinando IV, capace di muoversi con cautela, ma in modo deciso, tra il suo esilio palermitano e i tavoli di Vienna, in grado di ripensare se stesso e il suo Regno, determinato ad agire […] almeno come soggetto attivo della riconquista dei suoi domini, rapportandosi costantemente alle Grandi Potenze non meno che ai suoi oppositori siciliani e napoletani» (p. 10).
Questa tesi si colloca nel quadro dei tentativi di rimodulazione dei giudizi sulla monarchia borbonica avviati nell’ultimo ventennio e fa perno sulla condotta politica di Ferdinando IV, poi I re delle Due Sicilie. Il re non aveva fornito grandi prove di uomo di Stato nella congiuntura rivoluzionaria del 1799-1800, all’epoca del suo primo «esilio» siciliano, e i suoi margini di manovra risultarono ancor più ridotti durante il secondo «esilio» siciliano, quando gli inglesi collocarono stabilmente nell’isola Bentinck, con l’obiettivo politico di esautorare i poteri del re e di sua moglie Maria Carolina, attraverso una strategia politica basata sul coinvolgimento del baronaggio siciliano e di Francesco Borbone. Forse in questa occasione Ferdinando, constatando la possibilità di perdere definitivamente i suoi Regni, intervenne in maniera più attiva rispetto al passato e giocò con maggiore decisione le poche carte a disposizione. Di là dalle limitate strategie politiche messe in atto fra i vari gabinetti europei nel periodo 1813-1815, il problema fondamentale in sede di giudizio storico rimangono la disgregazione della corte e del governo borbonici e la precarietà dei rapporti politici e istituzionali che essi stabilirono con il ceto dirigente siciliano e napoletano.

Luigi Alonzi