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Nazione e coscienza. Il liberalismo moderato di Filippo Ugolini (1792-1865)

Stefano Orazi
Milano, Le Monnier, 310 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2017

Studioso marchigiano e presidente del Comitato di Pesaro-Urbino dell’Istituto per la storia del Risorgimento, l’a. ha dedicato vari lavori alla periferia dello Stato Pontificio costituita dall’entroterra urbinate.
Con questa ricerca su Filippo Ugolini – segretario comunale di Urbania, letterato e filologo, collaboratore dell’«Archivio storico italiano» –, l’a. ha inteso mettere in luce «un tassello importante del movimento antipontificio nella terra delle Marche» (p. 205) e per questa via «aprire lo studio del Risorgimento alla reale molteplicità delle sue voci […], che solo la storiografia locale può conoscere» (p. 208). Il volume si articola in sei capitoli disposti in un ordine cronologico non rigido – talché alcuni temi tornano da angolature diverse –, preceduti da una Introduzione, che fa il punto su «tutto ciò che gli studiosi urbaniesi hanno tramandato della vita dell’Ugolini» (p. 19) e seguiti in Appendice da un elenco dei suoi scritti editi e inediti (pp. 215-224). Il fil rouge della narrazione è il liberalismo di Ugolini, dalle sue «radici» negli anni dell’occupazione francese fino a un maturo cattolicesimo liberale, passando per le simpatie carbonare, l’adesione ai moti del 1831, il «piononismo patriottico», l’esperienza parlamentare del 1849, undici lunghi anni di esilio in Toscana e l’adesione al neoguelfismo unitario. Il discorso si intreccia con aspetti biografici familiari, professionali e culturali, ricostruiti con ampio ricorso a fonti d’archivio, e in particolare alle corrispondenze di molti protagonisti, sia istituzionali sia antagonisti, del Risorgimento marchigiano.
La preoccupazione dell’a. è mostrare che lungo tale percorso la posizione di Ugolini è sempre caratterizzata da un sostanziale moderatismo, malgrado il coinvolgimento in esperienze latomiche a cavallo del 1831 – partecipazione a una cellula carbonara (p. 36), poi adesione alla Giovine Italia (p. 52) –, il cui peso ritiene che vada comunque ridimensionato. La ricostruzione è convincente, anche se la documentazione, ricchissima per molti passaggi cruciali della biografia di Ugolini, lascia indefiniti alcuni aspetti. Degli ideali repubblicani coltivati in gioventù e poi rigettati, ad esempio, non è dato cogliere in che misura fossero di derivazione illuministica, per il tramite forse dell’abate Giovanni Romani, provveditore del Regio Liceo di Urbino dove Ugolini, fresco di studi classici in Seminario, insegnò per un breve periodo italiano e latino (pp. 22-23); o quanto comprendessero sin da allora, precocemente, quella «propensione democratica per il progresso economico-sociale delle classi popolari», che caratterizzò il suo liberalismo sino all’età matura (p. 204). Che si trattasse dell’idea repubblicana dei philosophes contrapposta al dispotismo, porterebbe a ipotizzarlo la continuità con le riflessioni del 1848 sul governo rappresentativo (pp. 96 ss.).
Il lavoro nel complesso centra l’obiettivo di contribuire a una ricostruzione corale delle vicende risorgimentali, anche se sarebbe stato utile prestare maggiore attenzione ai molti passi compiuti in questa direzione dalla recente storiografia.

Alfio Signorelli