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Nella breccia del tempo. Scrittura e uso politico della storia in Rivoluzione

Francesco Dendena (a cura di)
Milano, Bruno Mondadori, 246 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2017

«La Storia – ha scritto Pierre Michon con il consueto stile icastico e dissacrante –
aggiusta le date a modo suo». Gli esperti degli studi rivoluzionari negli ultimi anni sembrano
aver preso sul serio questa provocazione su «l’a posteriori» che è «un gran signore
e ha tutti i diritti» (Pierre Michon, Les onze, 2009). Si sono impegnati infatti a ristudiare
daccapo l’analisi dei discorsi politici e delle temporalità rivoluzionarie, facendo tesoro
della lezione di Walter Benjamin e Reinhart Koselleck. Questa svolta ha aperto nuovi cantieri
di ricerca, mettendo proficuamente in discussione il topos dell’eccezionalità francese
e ricollocando la Rivoluzione nella sua prospettiva spazio-temporale. Gli storici, infatti,
si sono accorti che la Rivoluzione francese, oltre a essere stata la fucina del futuro, è stata
anche un laboratorio dove il nuovo ha preso forma attraverso l’uso della comparazione
storica, mediante il confronto con le esperienze rivoluzionarie coeve e tramite la rielaborazione
dei fatti rivoluzionari.
Obiettivo del volume Nella breccia del tempo è interpretare questo cambio di prospettiva
in modo originale, attraverso la presentazione di cinque casi di studio distinti ma
complementari. Esso propone un’analisi di alcuni tra i principali discorsi e spazi politici
attraverso cui è stata pensata la Rivoluzione nel suo farsi, con l’ambizione di misurare in
che modo la costruzione della memoria della Rivoluzione ha influito sul suo stesso andamento.
Il volume si apre con una raffinata Introduzione in cui il curatore – studioso del
movimento fogliante e del rapporto tra storiografia e politica durante il secolo dei Lumi
– offre una ricostruzione del dibattito storiografico ed esplicita le implicazioni teoriche
che accomunano i singoli saggi. Il saggio di Daniele Di Bartolomeo è dedicato ai modi
in cui la Rivoluzione dell’Ottantanove è stata pensata e reinventata nel corso del 1790 (e
soprattutto in occasione della prima Festa della Federazione) e quello di Loris Chavanette
è incentrato sui dibattiti giudiziari e sui processi politici negli anni del Direttorio (1795-
1799). Entrambi si concentrano su quello che potremmo definire lo «spazio memoriale»
(che è insieme uno spazio fisico – il Campo di Marte e l’aula di Tribunale – e uno spazio
discorsivo).
I contributi di Francesco Dendena e Olivier Ritz, invece, attraverso un’analisi del
dibattito politico e della pubblicistica coeva, affrontano più direttamente la questione
dell’interpretazione e della narrazione dell’evento rivoluzionario, con particolare riferimento
agli usi dell’analogia storica e del linguaggio metaforico. Dendena, in particolare,
riesce a cogliere il ruolo della storia in quanto elemento fondatore di un linguaggio collettivo.
Il saggio di Paolo Conte, ponendosi in una prospettiva transazionale, analizza il
modo in cui lo svolgimento dell’esperienza rivoluzionaria è stato descritto, negli stessi
anni in cui gli eventi si verificavano, fuori dai confini francesi, in quel complesso spazio
politico che era allora la penisola italiana.

Marco Fioravanti