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Nicoletta Poidimani – Difendere la «razza». Identità razziale e politiche sessuali nel progetto imperiale di Mussolini – 2009

Nicoletta Poidimani
Roma, Sensibili alle Foglie, 207 pp., Euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2009

Negli ultimi anni l’esplorazione sul piano storiografico del nesso tra genere, razza e sessualità ha costituito uno tra i contributi più originali e innovativi alla storia del colonialismo e del razzismo italiano. Un’ulteriore conferma viene dal volume di Poidimani che attraverso «un lavoro di tessitura» (p. 7) tra gli esiti della più recente storiografia, l’analisi di fonti originali e la ricerca sul campo in Eritrea, propone una genealogia delle politiche razziali e sessuali nell’impero coloniale fascista. Non si tratta tuttavia di una semplice sintesi, al contrario l’operazione illumina le implicazioni sul piano storiografico dello scardinamento di alcuni luoghi comuni sulla sessualità in relazione alla storia del razzismo coloniale, vista tradizionalmente come «effetto» invece che terreno costitutivo delle politiche razziali. Tale capovolgimento si colloca in un’interpretazione più generale che, come dichiara fin dalle prime pagine l’a., individua nel Corno d’Africa il laboratorio delle politiche razziali e sessuali attuate nell’Italia fascista. Un impianto che traspare chiaramente nei tre capitoli attorno a cui si articola il volume. Il primo capitolo, tracciando una lettura genealogica della rivista «La Difesa della Razza», mostra come la questione della razza entri direttamente nella costruzione ottocentesca dell’identità nazionale, a partire ad esempio dalle molteplici connessioni tra il paradigma delle «due razze» e il dibattito sui rapporti tra emigrazione e degenerazione, così come dal collegamento tra l’onore della nazione e la sua riformulazione in termini di «prestigio di razza» nel periodo fascista. Il secondo capitolo analizza gli elementi costitutivi dell’imperialismo fascista in quanto progetto di antropologia politica, prendendo in considerazione sia la produzione giuridico-antropologica, sia i canali e gli strumenti di divulgazione della «coscienza imperiale». In queste pagine l’a. sottolinea efficacemente come l’insistenza sul tema dell’autodisciplina, nel contesto di una riformulazione delle valenze politiche della virilità dopo il 1936, rimandino a un modello di governamentalità in cui è cruciale «l’interdipendenza tra le tecnologie del domino sugli altri e le tecnologie del sé» (p. 92). Infine, l’ultimo capitolo è dedicato all’analisi della matrice biopolitica dei processi di disciplinamento della sessualità delle italiane e degli italiani tanto nelle colonie africane quanto in patria. Accanto all’importanza della ricognizione storiografica nel fare il punto sui nodi che legano politiche razziali e politiche sessuali nell’Italia fascista, il volume si caratterizza esplicitamente come una storia del presente mirata a tracciare le connessioni tra l’eredità del passato coloniale e i dispositivi razzisti e sessisti che agiscono nella contemporaneità. Una prospettiva che lascia, in parte volutamente, in secondo piano il processo relazionale e la dinamica storica che ha accompagnato il rapporto tra colonia e metropoli nella definizione dell’esperienza coloniale durante il fascismo, e che potrebbe contribuire a spiegare alcuni dei paradossi delle politiche razziali affrontate dal libro.

Liliana Ellena