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Orizzonti nuovi. Storia del primo femminismo in Italia (1865-1925)

Liviana Gazzetta
Roma, Viella, 258 pp., € 28,00

Anno di pubblicazione: 2018

Scrivere un volume di sintesi storica è operazione tutt’altro che banale, perché implica una salda impalcatura narrativa e interpretativa. Questo libro si presenta proprio come una sintesi della storia del primo femminismo italiano, compreso in un arco temporale che va dall’Unità alla costruzione del regime fascista. Il nesso tra movimento delle donne e ordine nazional-statuale è evidente e altrettanto motivato risulta il termine ad quem della legge «farsa» del fascismo sul voto amministrativo ad alcune categorie di donne.
Rimarcando le origini postunitarie, l’a. sottolinea l’allineamento temporale tra i movimenti femministi di altri paesi occidentali e il primo femminismo italiano, articolandolo semmai in un’anima prettamente emancipazionista, d’ispirazione democratico-radicale, e in un più vasto «femminismo moderato prepolitico» (p. 11), disteso in un arcipelago di attività editoriali e assistenziali, che avrebbe costituito uno dei tratti distintivi del movi- mento delle donne italiano sin dentro il ’900. A mio avviso il ricorso alla categoria del prepolitico può risultare fuorviante in un volume che riannoda le domande e i percorsi di cittadinanza femminili, ma sembra funzionale alla tesi di fondo dell’a., ad accreditare cioè la vocazione essenzialmente etica del primo femminismo italiano. Un’etica che riflette lo «spirito dell’epoca», che si affida cioè ai valori del materno, tra conformità e dissonanze rispetto al canone risorgimentale, alle torsioni neopositiviste, alla retorica imperialista. Tutti tornanti di volta in volta affrontati nel volume, mentre sfilano i tanti nomi di periodici, associazioni e singole figure di un mosaico femminista davvero molto eterogeneo, accumunato solo da quell’etica materna che sarà infine «catturata» dal patriottismo nazionalista al tempo della Grande guerra.
Nel complesso si ha l’impressione che l’a. sia soprattutto interessata a valorizzare l’esperienza storica del primo femminismo nelle sue diverse componenti, in ciò scontando forse l’ancoraggio a un dibattito a suo giudizio ancora attuale sulle continuità e/o discontinuità tra il femminismo della prima e della seconda ondata (vedi l’Introduzione, in particolare pp. 7-8). Per la mole di informazioni e gli spunti di ricerca questa sintesi è comunque utile, benché la scelta di snellire risolutamente le note, e di costruire una Bibliografia slegata dal testo, non sembra facilitare chi volesse svolgere ulteriori approfondimenti.

Catia Papa