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Palmiro Togliatti e il comunismo del Novecento

Alexander Höbel, Salvatore Tinè (a cura di)
Roma, Carocci, 2016, 166 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il volume nasce dal convegno di Catania del 5-6 novembre 2015, promosso dalla locale Università nell’ambito delle iniziative per il cinquantenario della morte del leader comunista. Un filo rosso che unisce i diversi contributi è la riflessione sul nesso peculiare che si manifesta in Togliatti fra piano internazionale e nazionale: «proprio dall’intreccio – affermano i curatori – tra queste due dimensioni – quella italiana e quella “globale” – riteniamo possano venire alcuni degli stimoli più interessanti alla rilettura della sua opera» (p. 8). Cruciale da questo punto di vista appare l’esperienza in seno al Comintern, centro direttivo di un movimento che concepisce la propria azione su scala planetaria. L’uomo che torna in Italia nel 1944 con un programma che si rivelerà determinante per la nascita della democrazia repubblicana parte sempre da una lettura dei processi europei e globali: «in questo – osserva Aldo Agosti in uno dei saggi del volume – la sua prospettiva sarà fondamentalmente diversa da quella di ogni altro uomo politico italiano» (p. 25).
Togliatti emerge come una figura paradigmatica per comprendere i drammi e le speranze che caratterizzano la lunga «guerra civile europea». Da una parte l’idea che la Rivoluzione russa abbia aperto la fase storica di affermazione del socialismo; dall’altra il sorgere di un fenomeno inaspettato come il fascismo, il cui studio diventa un punto di coagulo della sua proposta politica. Negli anni ’30 egli esplora la possibilità di dare un nuovo corso antifascista al comunismo, tale da scongiurare un conflitto generale. Ma la catastrofe arriva, col suo carico terribile di lezioni, e nel libro viene sottolineata la volontà ferma di Togliatti di metterle a frutto, in modo da chiudere un’epoca tragica per le sorti del vecchio continente e creare forme più avanzate di convivenza sociale e tra i popoli. Questa aspirazione sopravvive al gelo della cortina di ferro: in Italia si traduce in una scommessa sullo sviluppo della democrazia; a Mosca nel rifiuto opposto a Stalin quando lo chiama a dirigere il Cominform.
Il volume si sofferma anche sulle risposte di Togliatti alle nuove sfide che si determinano a partire dal 1956. Della «via italiana al socialismo» scorgiamo meglio oggi l’ambizione a ispirare dei cambiamenti nel comunismo internazionale. Essi, nella strategia maturata dal segretario del Pci, dovrebbero far leva su un ruolo più incisivo del movimento operaio occidentale, chiamato a stringere un’alleanza con le forze emancipatrici che operano in quel Terzo Mondo che va risvegliandosi. Negli ultimi anni la riflessione di Togliatti sull’interdipendenza e le conseguenze che ne scaturiscono si fa particolarmente intensa. Nella sua visione, l’Urss ha dato un contributo formidabile all’unificazione del mondo, che ormai va facendosi inarrestabile e poggia anche sulla coscienza della minaccia a tutto il genere umano rappresentata dalle armi nucleari. Possiamo rileggere Togliatti come un classico del pensiero politico, per ragionare sull’avvento della storia globale e sul ruolo svolto dal comunismo in questo cammino.

Gianluca Fiocco