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Paolo Nicoloso – Gli architetti di Mussolini. Scuole e sindacato, architetti e massoni, professori e politici negli anni del regime – 1999

Paolo Nicoloso
Storia dell’architettura e della città/Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 1999

Il libro di Paolo Nicoloso è il risultato di una ricerca post-dottorale sulla nascita delle facoltà di architettura italiane e sull’organizzazione della professione di architetto in epoca fascista. Il lavoro d’indagine si incentra sulla storia di questa élite professionale ed intellettuale, che, a partire dagli anni venti, costruisce ed inventa la propria identità attraverso la mediazione politica ed accademica.
L’a. parte dalla costituzione di due sedi istituzionali, la Scuola di Architettura di Roma e il Sindacato Fascista degli Architetti, determinanti sia per la formazione didattica sia per la tutela della pratica professionale. Il processo di ricostruzione della categoria ripercorre i percorsi individuali dei rappresentanti istituzionali più in vista: Gustavo Giovannoni, fondatore della scuola romana e teorico dello “stile nazionale”, di un’architettura per lo Stato; Alberto Calza Bini, segretario del Sindacato; Marcello Piacentini, erede della scuola di Giovannoni e architetto di regime. La struttura del libro segue l’evoluzione di queste carriere a partire dal 1919, anno di fondazione della Scuola, fino ai tempi delle cosiddette epurazioni dell’immediato secondo dopoguerra. L’a. descrive un mondo professionale ed accademico che si fonda su un’intricata rete di conoscenze, scambi di favori, opportunismo o semplice conformismo; l’occupazione dei posti chiave nelle istituzioni, la gestione del potere accademico, la commistione con gli ambienti politici e massoni scandiscono i tempi della carriera, in particolare, di Calza Bini e Piacentini. L’a. ricostruisce le pratiche – la gestione dei concorsi universitari e di opere pubbliche – e le caratteristiche di malcostume di un gruppo ristretto di docenti che monopolizza le principali competizioni di architettura e di urbanistica. L’ultimo capitolo del libro descrive il passaggio dalla gloria e dal consolidamento del prestigio e del potere al crollo del regime, ai processi di epurazione e al loro fallimento. Le conclusioni dell’a., che avrebbero meritato un’analisi più approfondita, svelano che il concetto di scuola e di professione finalizzati ad un programma ideologico ha la sua validità anche nel nuovo governo democratico e rimarcano, nel passaggio alla repubblica, “l’intrico esistente tra continuità e discontinuità con il fascismo”. La storia professionale del più noto architetto del regime, Piacentini, si conclude con l’appoggio del giovane politico Giulio Andreotti nel corso del processo di epurazione. L’operazione storiografica, proposta dall’a., è originale nell’ambito della storia dei gruppi professionali perché affronta il tema su diversi piani di lettura: l’associazionismo di categoria e i suoi risvolti politici, il rapporto centro-periferia, in riferimento alla rivalità tra la scuola romana e le altre sedi regionali, e infine, la questione della nazionalizzazione e della fascistizzazione della professione e dell’architettura, come strumento di consenso.

Cristina Accornero