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Paolo VI. Una biografia politica

Philippe Chenaux
Roma, Carocci, 337 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2016

Il fiorire di studi su Giovanni Battista Montini-Paolo VI si arricchisce del lavoro di Philippe Chenaux. L’a., storico della Chiesa di origini svizzere, utilizza la vasta bibliografia disponibile e si avvale di nuova documentazione rinvenuta negli Archivi vaticani, in quelli diplomatici francesi e italiani e nelle carte di Giulio Andreotti e Vittorino Veronese; prende inoltre in esame le centinaia di testimonianze inedite contenute nella causa di beatificazione. Tutto ciò rende questa biografia, agile e accessibile anche a un pubblico di non specialisti, un’opera al contempo sintetica e innovativa.
Il viaggio che il lettore compie attraversa non solo il periodo del pontificato – al quale è dedicata la seconda parte del volume – ma l’intera parabola esistenziale di Montini, nella convinzione che «per chiunque desideri studiare la vita di Paolo VI è impossibile non tener conto delle “radici bresciane”» (p. 17). Montini era, del resto, uomo di «profonda italianità» (p. 14): non ha mai risieduto all’estero ad eccezione di un breve soggiorno nella nunziatura di Varsavia nel 1923, ma ha allacciato forti legami con la Francia e la sua cultura, esemplificati dall’ammirazione per Jacques Maritain e dalla lunga amicizia confidente con Jean Guitton.
La struttura della biografia segue un filo cronologico, ma i dieci capitoli delle due parti sono suddivisi in maniera tematica. Il sottotitolo può far pensare a un interesse privilegiato per gli aspetti più squisitamente «politici» dell’operato e del magistero di Montini, ma non sono trascurati quelli religiosi, spirituali ed ecclesiali, sia relativamente alla formazione, sia con riguardo all’opera pastorale dell’arcivescovo di Milano e del «timoniere del Vaticano II». Il volume dà risalto al lavoro di preparazione di una nuova classe dirigente per l’Italia postfascista, e all’antifascismo di Montini. Gli anni milanesi sono invece definiti il «grande laboratorio della riforma» (p. 263).
Del rapporto di Paolo VI con il Concilio l’a. approfondisce in particolare il dibattito sulla collegialità episcopale, le tensioni della terza sessione e la conclusione, per poi descrivere «I tempi delle riforme» (cap. 7): liturgica, della curia, del conclave, della sinodalità episcopale, i «grandi cantieri dell’episcopato» (p. 264). Il capitolo su «La crisi della Chiesa» illustra i momenti difficili del postConcilio, tra reazione tradizionalista e accelerazioni teologiche e dottrinali che avrebbero spinto Maritain a parlare, in Le Paysan de la Garonne, di «febbre neomodernista […] verso la quale il modernismo dei tempi di Pio X era solo un modesto raffreddore da fieno» (p. 190). Tante furono le prove innanzi alle quali Paolo VI «si pose come difensore intrepido dell’integrità della fede cattolica» (p. 264), dalle polemiche suscitate dal catechismo olandese alla fronda dei teologi, dalla crisi del sacerdozio al declino dell’Azione Cattolica, alle critiche pesanti seguite alla pubblicazione dell’enciclica Humanae Vitae. Ma ciò non impedì il dispiegamento di una politica del dialogo al servizio della pace, specie in Palestina e Vietnam, e della distensione con l’Est, con un forte ritorno del papato sulla scena internazionale.

Marco Impagliazzo