Cerca

Paolo Viola – L’Ottocento – 2000

Paolo Viola
Einaudi, Torino

Anno di pubblicazione: 2000

Parlando del suo manuale in un seminario, l’autore ha dichiarato di aver incontrato più difficoltà – lui modernista – a scrivere questo volume che quello sul Novecento. A leggerlo non si direbbe: si tratta infatti di una sintesi agile, densa e aggiornata. Centrata sui grandi temi della modernizzazione capitalistica e dello sviluppo del nazionalismo, copre cent’anni a partire dal congresso di Vienna, ma il ricorso a questa periodizzazione tradizionale non implica eccessi di eurocentrismo: in un’opera che si segnala per i frequenti spunti comparativi, le parti dedicate alle “periferie” del mondo ottocentesco sono al contrario ampie e originali.
Come sempre in testi del genere, ognuno può trovarvi scelte discutibili e omissioni. Stando all’Italia, considero ad esempio discutibile che si dia notizia della formazione del Psi solo dopo aver parlato del ruolo dei socialisti nella crisi di fine secolo e non mi sembra opportuno tacere delle riforme crispine. Ma attardarsi in simili rilievi sarebbe di pessimo gusto, oltre che incauto, da parte di chi è a sua volta autore di un manuale.
La sostanza di una discussione altrimenti proficua è altrove. Viola si affida a uno stile narrativo avvincente, ora colloquiale (il presidente Monroe fece “il passo più lungo della gamba”, p. 165), ora carico di impegno civile: a commento delle guerre dell’oppio scrive ad esempio che “se l’eroina è oggi uno dei grandi flagelli della civiltà occidentale, è bene sapere che i primi ad ideare, sfruttare e imporre con le armi la diffusione di questo flagello sono stati proprio i governi europei” (p. 192). In questo stile risiede uno dei pregi maggiori dell’opera ma, in assenza di riferimenti espliciti al dibattito storiografico, esso ne accentua l’assertività. Non uno storico viene citato e ad un’interpretazione, se non erro, si accenna solo a p. 287, a proposito della persistenza dell’ancien régime. Viene allora da chiedersi se questo taglio, efficace in un’opera di divulgazione, lo sia altrettanto sul piano didattico.
Da segnalare infine il capitolo finale su Pubblico e privato nell’Europa della borghesia, nel quale Viola ha il merito di introdurre temi inconsueti in un libro di testo, dalla famiglia borghese alle identità individuali, dalle differenze di genere all’università humboldtiana, da Freud alle avanguardie. La loro collocazione quasi in appendice segnala tuttavia le difficoltà con cui anche gli storici più avvertiti si scontrano quando tentano di inserire nel tradizionale modello storicista di un manuale le più significative acquisizioni della ricerca e del dibattito storiografico.

Tommaso Detti