Cerca

«Per atto di grazia». Pena di morte e perdono sovrano nel Regno Lombardo- Veneto (1816-1848)

Francesca Brunet
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, IX-352 pp., € 55,00

Anno di pubblicazione: 2016

Quest’importante indagine, sviluppatasi nell’ambito del dottorato internazionale in
«Comunicazione politica dall’antichità al XX secolo», affronta un tema rimasto finora
largamente in ombra in seno alla ricerca storica, ossia l’esercizio del potere di grazia da
parte del sovrano austriaco nel Regno Lombardo-Veneto. L’analisi si snoda lungo un arco
temporale di trent’anni, dal 1816 al 1848. La scelta di concentrare l’indagine su questo
periodo è opportunamente giustificata dalle cesure che sia il dies a quo sia il dies ad quem
segnarono nel Lombardo-Veneto sotto molteplici prospettive, messe a fuoco dall’a. Ci
riferiamo, in particolare, alla storia istituzionale, alla storia dell’organizzazione giudiziaria,
alla «sistemazione normativa» della pena di morte e del diritto di grazia (p. 3) e alle «forme
di comunicazione del sapere giuridico» (p. 62).
Il lavoro è strutturato in quattro parti. Nella prima (pp. 3-58), l’a. ricostruisce nel
dettaglio il processo penale austriaco contro gli imputati di reati puniti con la pena di
morte. La seconda parte (pp. 61-99) è un attento e meditato esame delle riflessioni che
a proposito di pena capitale e di grazia circolavano sulle riviste giuridiche tra gli anni ’20
e ’50 del XIX secolo. Nella terza parte (pp. 103-245), con l’ausilio di una copiosa messe
di atti inediti, viene esaminata la prassi giudiziaria in tema di delitti comuni e di delitti
politici, con particolare attenzione alla fase di esecuzione delle sentenze. Il punto di osservazione
privilegiato dall’a. è difatti quello che attiene alle «logiche del perdono» (p. 158);
un punto di vista, questo, che ha permesso a Francesca Brunet di illuminare una prassi
che faceva largo impiego delle commutazioni delle condanni capitali. E, infine, la quarta
parte (pp. 249-294) è dedicata al giudizio statario.
L’indagine, accurata e convincente, arricchisce la ricerca storica di molteplici spunti
di riflessione. Mettendo sapientemente a frutto l’insegnamento di parte della più autorevole
storiografia giuridica, l’a. pone al centro del suo lavoro l’osservazione della prassi.
Una direttrice metodologica, questa, che le consente di mettere in luce uno scarto tra la
norma codificata e la prassi giudiziaria e di ricostruire orientamenti giurisprudenziali determinanti
per «comprendere l’intero meccanismo giudiziario» (p. 297). A fronte, infatti,
di un codice penale che imponeva a un giudice factotum il rispetto di rigidi formalismi
inquisitori, l’a. illumina una giurisprudenza senatoria che, pur nei limiti della fase esecutiva,
si attribuiva un certo margine di discrezionalità, temperando il rigore di un testo
normativo che faceva ampio ricorso alla pena di morte.
Intrecciando con acribia fonti di varia natura, Francesca Brunet tratteggia dunque
un quadro della giustizia penale austriaca in buona parte inedito, offrendo all’attuale storiografia
un’utile occasione anche per rivedere alcune idee radicate.

 Emanuela Fugazza