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Pier Luigi Ballini (a cura di) – Sidney Sonnino e il suo tempo – 2000

Pier Luigi Ballini (a cura di)
Leo S. Olschki, Firenze

Anno di pubblicazione: 2000

In anni recenti la storiografia non solo italiana ha registrato un rinnovato interesse per Sonnino, come dimostra la quasi simultanea pubblicazione nella collana della Fondazione Luigi Einaudi dello studio di G.A. Haywood, Failure of a dream… (Cfr. “Il mestiere di storico”, Annale Sissco 2000). Tende a colmarsi dunque quella che è apparsa a lungo una lacuna emblematica, ossia l’assenza di una biografia di un esponente di primissimo piano del liberalismo italiano. Il volume curato da Pier Luigi Ballini – che raccoglie gli atti del convegno tenutosi nel settembre 1997 – contribuisce a comporre tasselli importanti in quella direzione, nonostante l’indagine si arresti al 1914 ed escluda pertanto il ruolo di Sonnino ministro degli Esteri. Non mancano infatti risultati di ricerca innovativi su aspetti finora trascurati: la formazione culturale e politica, gli esordi della attività parlamentare con l’individuazione di aree di particolare impegno ai vari livelli, la politica del ministro del Tesoro nei confronti del sistema degli istituti di emissione ed in particolare della Banca d’Italia tra la fine del 1893 e l’inizio del 1896, la visione della questione religiosa e della politica ecclesiastica, per citarne almeno alcuni. Eppure c’è a mio avviso un asse centrale intorno a cui il discorso si struttura e cui anche questi aspetti – in modo più o meno diretto – si raccordano: la concezione cioè del funzionamento delle istituzioni rappresentative e del rapporto tra i poteri dello Stato. Una concezione complessa – desumibile non certo solo dal Torniamo allo Statuto – che rappresenta la ricerca di condizioni di stabilità della vita politica e dell’azione di governo, per fronteggiare i pericoli che minacciano lo Stato liberale ma anche per guidare il paese sulla via dello sviluppo e del progresso. Da questo punto di vista emerge con chiarezza – dai saggi di Rolando Nieri, di Pier Luigi Ballini e di Hartmut Ullrich – che la concezione sonniniana non rappresenta (come spesso impropriamente si è affermato) il ricalco di quella crispina volta all’obiettivo di rinsaldare l’esecutivo riducendo contemporaneamente il ruolo della Camera elettiva; tutto al contrario invece il ritorno ai principi dello Statuto e il ripristino delle prerogative del Re costituirebbe la condizione necessaria per risanare la vita parlamentare e ridare vigore e autonomia alla Camera elettiva nell’esercizio delle sue funzioni legislative e di controllo degli atti del governo. Non a caso strettamente connessa a questa concezione di rigida separazione dei poteri risulterebbe la grande riforma sempre proposta da Sonnino, ossia il suffragio universale inteso ad allargare alla base lo Stato e a dare rappresentanza a tutti gli interessi sociali esistenti. Ed altresì connesso a questa concezione risulterebbe il disegno sonniniano di una rinnovata egemonia borghese liberale anche attraverso la costituzione dell’auspicato “grande partito liberale” con solide radici nel paese.
È questo asse portante e questo filo rosso a garantire – pur nella inevitabile frammentarietà degli atti di un convegno – una compiuta e rinnovata prospettiva interpretativa.

Emma Mana