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Piero Bevilacqua – Demetra e Clio. Uomini e ambiente nella storia – 2001

Piero Bevilacqua
Roma, Donzelli, pp. 140, euro 17,36

Anno di pubblicazione: 2001

Tra i molti approcci al campo disciplinare della ?storia dell’ambiente?, l’autore dichiaratamente privilegia quello dell’?antropocentrismo sostenibile?, inteso come sguardo che muove dalla storiografia economico-sociale per affrontare la storicità e l’attualità delle questioni ambientali e coglierne gli aspetti pratico-politici come le implicazioni teoriche, attraverso un ?dialogo di saperi? ove la critica sociale ? all’idea di ?progresso?, anzitutto ? si nutra dello studio del mondo naturale. Progetto di grande respiro, dunque, che i saggi raccolti, pur in maggioranza già editi, restituiscono attraverso messe a punto concettuali, prospezioni storiografiche e ipotesi di ricerca di forte suggestione.
Filo conduttore è la ricerca dell’esistenza o meno di un’?economia della natura? ? una pratica economica protettiva della natura ri/generatrice di risorse ? nel passato, in specie, ma non solo, nell’età pre-industriale. Allontanando le scorciatoie teleologiche o catastrofiste, la prima suggestione offerta è quella di rileggere le pratiche di utilizzo delle risorse via via privilegiate dalle società pre-industriali per coglierne ?le razionalità? relative e specifiche e, assieme, la ?durabilità?, ovvero la riproducibilità nel tempo. In questa prospettiva, risaltano, tra l’altro, la peculiare capacità delle società europee di sviluppare sofisticati meccanismi di tutela e riproduzione delle risorse (acqua, legno) e, in generale, di stabilizzare un assetto agricolturale sostanzialmente ?rigenerativo?, almeno fino alla metà del XIX secolo. Il Novecento, per assumere una periodizzazione certo sommaria e parziale, avrebbe comportato invece ? sulla spinta della rivoluzione industriale ? una netta soluzione di continuità, affermando una rottura epocale tanto per la quantità e qualità delle risorse incorporate, quanto per le implicazioni planetarie ormai proprie delle trasformazioni ambientali.
È questo passaggio che nutre forse le più interessanti tra le pagine sempre assai dotte dell’autore, allorché ? anche pressato dalle urgenze del presente ? movendosi a cavallo tra la storia dei processi e quella dei concetti egli ne rintraccia l’origine nell’affermarsi di un’accezione riduttiva delle ?risorse?, quale deposito di beni materiali attivabili dall’iniziativa antropica: il negato ?valore sociale? della natura nel suo insieme, anziché di una sua sola porzione ridotta a merce, si tradusse nella legittimazione del suo illimitato sfruttamento e nella corrispondente elusione dei costi sociali della sua riproduzione ?durevole?. I fondamenti di tale distorsione prospettica sono indicati ? sulla scorta dell’analisi di Hans Immler ? nello spostamento delldella ?ricchezza?, ossia del valore, dalla natura alla proprietà privata e/o al lavoro, operato dalla teoria economica classica in concomitanza non casuale con l’avvio dell’industrializzazione. Di qui, è scaturita l’inquietante ambivalenza della società industriale verso il proprio ecosistema, da un lato sottoposto a processi di incorporazione sempre più invasivi e dissipativi, dall’altro reso socialmente ?invisibile?, se non per quanto può esprimersi in quella forma di merce che gli attribuisce una illusoria, infondata e ?insostenibile? riproducibilità.

Simone Neri Serneri