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Pio XI nella crisi europea. Pius XI im Kontext der europäischen Krise

Raffaella Perin (a cura di)
Venezia, Edizioni Ca’ Foscari-Digital Publication, 298 pp., open access

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume raccoglie gli atti di un colloquio italo-tedesco tenuto a Villa Vigoni nel 2015. L’originalità di questo «ennesimo» convegno dedicato al pontificato di Pio XI dall’apertura degli archivi vaticani nel 2006 sta, secondo la curatrice, nella sua «prospettiva transnazionale almeno europea» (p. 10). La maggiore parte dei contributi toccano temi abbastanza battuti dalla storiografia in anni recenti: il razzismo e l’antisemitismo (Dominik Burkardt, Raffaella Perin, Paolo Zanini), l’anticomunismo (Laura Pettinaroli, Sascha Hinkel), la Germania nazista (Florian Heinritzi, Marie Levant), l’Italia fascista (Enrico Baruzzo), il mondo ispanofono (Paolo Valvo, Gianmaria Zamagni). Più innovativi sono i saggi sull’idea d’Europa nell’enciclica inaugurale Ubi Arcano Dei (Verena Bull), sulla costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus (Klaus Unterburger), sulla recezione del magistero rattiano nel clero italiano attraverso «il caso Luciani» (Patrizia Luciani). Di maggiore interesse ancora sono le riflessioni conclusive.
Lucia Ceci mette in guardia contro il rischio «di schiacciare, per l’ennesima volta, un pontificato durato 17 anni sugli ultimi 17 mesi» (p. 245), cioè di focalizzare troppo la ricerca sulla questione della continuità/discontinuità tra Pio XI e Pio XII. Il suo auspicio è che possa emergere «una nuova generazione di storici che, con il rigore dei propri maestri, rivolga al passato domande nuove» (p. 250). Hubert Wolf fa osservare che la riposta della Chiesa rattiana alla «crisi europea» degli anni ’20 e ’30 fu quella di «una Chiesa autoritaria» (p. 257) nello spirito del concilio Vaticano I e del Codice di diritto canonico del 1917 che concentravano tutto il potere decisionale della Chiesa nelle mani del romano pontefice. Lo storico tedesco insiste sulla necessità di non trascurare lo studio della «personalità» di Ratti, che i vari interventi del colloquio hanno lasciato relativamente nell’ombra. Le sue esperienze prepontificali in Polonia alla fine della prima guerra mondiale avrebbero ampiamente condizionato il suo atteggiamento verso i regimi totalitari degli anni successivi. Giovanni Vian nota che «Pio XI agì contro i totalitarismi dal punto di vista dei principi cattolici» (p. 264) – e non in vista della difesa del pluralismo e della democrazia liberale. Fu proprio in nome di questi principi che avvenne il suo «ripensamento» del rapporto tra cattolicesimo ed ebraismo negli ultimi mesi del suo pontificato, ripensamento che lo portò a «equiparare» i totalitarismi di destra al comunismo sovietico. Dominik Burkard riflette sulla «cifra propria» del pontificato, chiedendosi se esista un’azione originale di Pio XI, oppure se dobbiamo considerare il suo operato solo una «reazione» alle sfide del tempo (p. 274). La sua conclusione è che questa originalità vada ricercata non tanto nella sfera della politica, quanto piuttosto nel modo con cui vennero gestiti, all’interno della Chiesa, i rapporti tra centro e periferia partendo dall’ipotesi di una non perfetta corrispondenza tra il magistero romano e la stampa cattolica a livello locale.

Philippe Chenaux