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Politica e calamità. Il governo dell’emergenza naturale e sanitaria nell’Italia liberale (1861-1915)

Salvatore Botta
Soveria Mannelli, Rubbettino, 661 pp., € 29,00

Anno di pubblicazione: 2013

Le calamità naturali hanno un intrinseco valore politico perché determinano un’emergenza che chiama in causa il ruolo delle autorità, cui spetta – come in guerra – gestire lo stato d’eccezione e ripristinare l’ordine infranto. La risposta delle istituzioni è indice del loro stato di salute, perché ne misura la capacità di legittimare i propri atti in una crisi acuta, anche ridisegnando la legalità, e a fronte della richiesta sociale di ausilio e protezione. Questioni di grande rilievo sono dunque sottese alla vasta ricerca, fondata su una lettura attenta di documenti parlamentari, giornali e riviste politiche e d’opinione, ma anche saggi e memorie tecniche, da cui l’autore, studioso anzitutto di storia politica e delle istituzioni, trae una duplice – efficace e largamente condivisibile – narrazione, dedicata ai decenni costitutivi dello Stato unitario.
La prima ripercorre l’intervento politico e amministrativo e la coeva produzione legislativa e regolamentare, che dal minimalismo postunitario, volto a controllare l’ordine pubblico, assai gradualmente portarono ad un primo sistema di protezione civile, peraltro dimostratosi di scarsa efficacia ancora a fronte del disastroso terremoto messinese del 1908, e a una normativa più intenzionalmente orientata alla ricostruzione post-calamitosa e, pur flebilmente, alla prevenzione. Una dinamica sorretta dell’affermarsi, contro una prima cultura emergenziale di matrice militare, del sapere tecnico e organizzativo plasmato dalla moderna ingegneria civile e sanitaria e divenuto egemone a cavallo del 1900, ma troppo spesso privato di risultati da inadeguate risorse economiche.
La seconda parte del volume è dedicata alla politica, cioè alle azioni intraprese dai governi a fronte dei grandi disastri del periodo – i numerosi terremoti (da Casamicciola ad Avezzano e Messina), le inondazioni, l’eruzione del Vesuvio, ma anche le epidemie colerose – e alle reazioni delle forze politiche e sociali e dell’opinione pubblica. La ricontestualizzazione di tali eventi, pur talora ben noti, nel processo di costruzione dello Stato nazionale e di consolidamento della legittimazione e delle capacità pratiche delle istituzioni liberali restituisce una raffigurazione convincente, e di godibile lettura, della viziosa interazione tra un paese socialmente e culturalmente arretrato, e non poco gravato da miseria e malaffare, e delle amministrazioni inadeguate per capacità e conoscenze. Ne risultò assai lento il passaggio dalla gestione privatistica degli interventi emergenziali all’emanazione di leggi organiche (per la Calabria e poi per Napoli) e menomata la realizzazione dei pur numerosi progetti di ammodernamento infrastrutturale. Soprattutto ne escono confermate le fratture costitutive della comunità nazionale, come quelle tra clericali e anticlericali e tra Nord e Sud, e l’affermarsi tardivo di una cultura politica «razionale», anziché paternalistica, sorretta da studi tecnici e scientifici delle calamità e da enti e norme con essi coerenti.

Simone Neri Serneri