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Prima guerra mondiale. La rivoluzione globale

Lawrence Sondhaus
Torino, Einaudi, 718 pp., € 75,00 (ed. or. New York 2011, traduzione di Piero Arlorio)

Anno di pubblicazione: 2014

718 pagine; 48 illustrazioni; 14 cartine; un’appendice con 7 punti di vista sul dibattito
relativo ad aspetti controversi del conflitto e 51 documenti sui temi trattati in 15
capitoli, oltre a 5 approfondimenti dedicati prevalentemente alla vita quotidiana e alla
memoria della guerra. Sono i numeri dell’imponente lavoro dello storico dell’Università
di Indianapolis, – che si prefigge di essere un’opera globale sulla prima guerra mondiale
– pubblicato in Italia in occasione del centenario, ma uscito nel 2011 per i tipi della
Cambridge University Press in anticipo sulla bulimica attività editoriale scatenata dall’anniversario
del conflitto.
Il libro è rivolto ad appassionati, studenti e studiosi: l’impianto tradisce una destinazione
quasi didattica, evidenziata dalla cronologia essenziale all’inizio di ogni capitolo
e dalle chiare conclusioni riassuntive. La scelta di rivolgersi a lettori eterogenei espone
spesso al rischio di risultare ostici per i non specialisti ed eccessivamente generalisti per
gli addetti ai lavori, ma la piacevole e appassionante forma narrativa consente a tutti una
proficua lettura.
Le ambiziose premesse del volume, soprattutto la lettura del conflitto inteso come
evento rivoluzionario globale, tendono invece a perdere forza e pregnanza all’interno del
testo: la chiave di lettura rivoluzionaria e concetti interessanti, come ad esempio il nazionalismo
darwinista prebellico, non vengono sempre adeguatamente sviluppati e si stemperano
in un lavoro approfondito, ma riconducibile essenzialmente alla storia militare e
diplomatica. Limitate le aperture alla storia sociale e culturale.
Anche il proposito di essere «una sintesi aggiornata delle opere più recenti sull’argomento
» (p. XI) risulta un po’ pretenziosa, soprattutto nell’edizione italiana: la storiografia
nazionale è, infatti, del tutto ignorata. Alcuni riferimenti, come ad esempio quello relativo ai
«nazionalisti focosi con venature razzistiche quali Gabriele D’Annunzio» (p. 212), rischiano
di essere fuorvianti e nell’ultimo capitolo dedicato alle eredità della guerra meriterebbe forse
maggiore cautela l’affermazione secondo cui «la possibilità di effettuare il test del DNA ha
in un certo qual modo reso anacronistico il concetto di “milite ignoto”, ponendolo così in
una sorta di relazione univoca con la prima guerra mondiale» (p. 545). Ridurre il concetto
di milite ignoto alla mera impossibilità scientifica di dare identità a un corpo rischia di
svuotarlo del significato simbolico, di metafora della dimensione di massa e dei processi di
spersonalizzazione intesi come tratti caratteristici del ’900: in breve, dell’epocale modernità
inaugurata della prima guerra mondiale e dai suoi inediti drammi.
Il lavoro costituisce a mio parere un’utile, puntuale e scorrevole storia generale del
conflitto che ha il merito di inserire in un’analisi ad ampio raggio e ricca di informazioni
fronti generalmente tralasciati, come quello mediorientale, asiatico, africano e del Pacifico,
ma – limite forse fisiologico per opere di questo tipo – non rappresenta una «rivoluzione
» dal punto di vista storiografico.

Fabio Caffarena