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Primo: non maltrattare. Storia della protezione degli animali in Italia

Giulia Guazzaloca
Bari-Roma, Laterza, 248 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume propone «una prima ricognizione della storia della tutela animale in Italia» (p. XII), ricostruendone le tappe fondamentali e il complesso intreccio tra associazioni- smo, politica e legislazione. Adotta «la periodizzazione classica della storia italiana» (p.
XIII), suddividendo la trattazione in età liberale, fascismo, dopoguerra, movimentismo degli anni ’70 e stagione delle riforme della «Seconda Repubblica». E, a ragione, «intende essere un volume di storia politica» (p. VII), giacché «l’attivismo prima zoofilo poi anima- lista […] rientra nel più vasto discorso pubblico» (p. VIII), divenendone una componente permanente dalla metà dell’800 (p. 205). Lo studio colma dunque una grave lacuna della storiografia italiana, che ha pressoché ignorato il fenomeno. Lacuna ancor più grave visto il peso avuto in Italia dalla storiografia della sociabilità e l’attenzione dedicata da Maurice Agulhon alle Società zoofile.
Ispirato alla plurisecolare «tesi della crudeltà», il protezionismo trasse origine «dalla “modernità” occidentale» (p. VIII) e l’Italia liberale colse «nell’attivismo a favore degli animali una sorta di piccolo lasciapassare verso la “modernità”» (p. 206). Di tale moder- nità l’a. sottolinea l’ambivalenza (compassione verso gli animali e intensificazione del loro sfruttamento), questione che meritava però una maggior problematizzazione essendo, a parere di chi scrive, costitutiva dello stesso progetto zoofilo.
Contrastando la crudeltà verso gli animali, infatti, le Società promuovevano al con- tempo l’umanità (virtù sociale di una società sempre più interconnessa e pacificata sotto il monopolio statale della violenza) e un rapporto ragionevole con gli animali (l’uso efficiente del capitale animale per accrescere la ricchezza della nazione). Le Società – che collabo- ravano con associazioni agrarie e promuovevano l’ippofagia come chiusura razionale del ciclo dello sfruttamento equino – rendevano popolare la zootecnia, scienza dello sfrutta- mento animale costituitasi in sapere autonomo nell’800. È su questo duplice terreno che si delineò in Italia l’intreccio tra discorso nazionale, civiltà e zoofilia.
Per questi motivi appare da sfumare l’individuazione di una «zoofilia mussoliniana» (pp. 62 e 76) caratterizzata dal razionale sfruttamento del patrimonio zootecnico inteso come bene della nazione (pp. 65 e 207) e dall’associazione della zoofilia alle virtù morali e civili degli italiani (p. 61). Più che teorica la cesura fascista sembra organizzativa, fina- lizzata a «incorporare nelle strutture dello Stato le attività e le iniziative degli zoofili» (p. 57). Meglio parlare – come fa l’a. in altri luoghi – di «appropriazione delle idee zoofile da parte della retorica fascista» (p. 68) e di «fascistizzazione del movimento protezionista» (p. 61).
Ricca ed efficace, nella seconda parte del volume, la ricostruzione della più net- ta cesura degli anni ’70, col passaggio dalla zoofilia all’animalismo, e della conseguente esplosione associativa ma anche della stagione delle riforme apertasi negli anni ’90 e delle sfide attuali per il movimento animalista.

Tommaso Petrucciani