Cerca

Profughi tra storie e memorie, 1915-1919. Livinallongo del Col di Lana/ Fodom

Luciana Palla
Santa Lucia – Caselle di Sommacampagna, Institut Cultural Ladin «Cesa de Jan» – Cierre Edizioni, 278 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione:

volume di Luciana Palla, studiosa della comunità ladina e della Grande guerra, è
una ricerca su una piccola zona di confine, il comune di Livinallongo, una terra povera e
di emigrazione che fino al 1915 fece parte dell’Impero asburgico. I suoi abitanti, ladini,
da 2.348 nel 1911 si ridussero a 2.044 nel 1921.
La guerra colpì in modo particolarmente duro questa zona di frontiera distruggendo
le abitazioni, devastando le campagne e disperdendo la popolazione, che venne evacuata
fin dall’inizio del conflitto verso nord, per lo più in Boemia, e successivamente, man
mano che l’esercito italiano ne occupava il territorio, verso sud. Qualunque fosse la destinazione,
la presenza di profughi era sempre sgradita. Nell’Impero furono accolti non
già come persone da tutelare e assistere, ma con sospetto verso popolazioni di confine, in
Italia come nemici o con l’ostilità di chi avvertiva o temeva il disagio di dover dividere con
loro risorse sempre più scarse. Per timori più o meno fondati, inoltre, molti, tra cui numerose
donne, subirono l’internamento, sia in Italia che nel campo di Katzenau. L’esodo di
questa piccola comunità, che l’a. ricostruisce attraverso una molteplicità di fonti – diari,
lettere, documenti d’archivio e fotografici, testimonianze orali e un ricco epistolario – è
inserita in un contesto più ampio, europeo e mondiale, come simbolo della tragedia della
Grande guerra.
Le testimonianze orali raccolte dall’a. negli anni ’80, presentate qui per la prima volta
nella loro interezza in traduzione italiana – ma che si possono ascoltare in lingua ladina
nel Cd allegato – sono una parte preziosa del volume, ricco patrimonio di vita di coloro
che erano allora bambini o adolescenti. Scrive l’a.: «la loro memoria di anziani ha fissato
alcune scene, alcuni episodi e immagini, in maniera indelebile: si ricorda la comunità
frantumata, le case che bruciavano, l’incontro con il diverso, la difficoltà del sopravvivere
per queste donne con tanti bambini piccoli, e infine la fatica della ricostruzione» (p. 21).
Delle testimonianze l’a. fa una lettura attenta a contesti e linguaggi: l’influsso della stampa
e dei comunicati ufficiali, le parole della propaganda che si mescolano a quelle dell’esperienza
vissuta, i condizionamenti dell’ideologia dominante.
L’ultima parte è dedicata al ritorno: la ricostruzione che i profughi affrontarono
senza mezzi, la delusione verso le nuove autorità incapaci di provvedere al necessario per
vivere, la rabbia per le numerose irregolarità e le frodi e che orientarono la popolazione in
senso anti-italiano. L’annessione all’Italia nel 1918 rafforzò, infatti, il sentimento di autocoscienza
ladina, l’orgoglio per la propria comunità e il suo alto grado di alfabetizzazione,
nonché il legame ideologico, talvolta mitizzato, con il mondo di lingua tedesca.
Un volume che arricchisce il panorama degli studi sulla profuganza in tempo di
guerra, sulla condizione femminile e minorile, e che riflette sui percorsi della memoria
individuale e collettiva.

Bruna Bianchi