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Prove di libertà. Donne fuori dalla norma. Dall’antichità all’età contemporanea

Daniela Adorni, Eleonora Belligni (a cura di)
Milano, FrancoAngeli, 202 pp., € 27,00

Anno di pubblicazione: 2018

Dal punto di vista cognitivo l’anomalia è più ricca della norma, osservava Carlo Ginzburg nel 2013. Muovendo da questa suggestione, Daniela Adorni illustra il progetto del volume che raccoglie saggi che si riferiscono a luoghi e tempi diversi alla ricerca di tracce che le fonti sembrano nascondere, soprattutto quando al centro dell’interesse è il soggetto donna.
Il percorso, non lineare, affronta dunque contesti distanti tra loro: dai miti e dalle storie della Grecia antica (Silvia Romani, Elisabetta Bianco, Daniela Francesca Marchiandi) alle matrone romane nelle riletture ottocentesche (Silvia Giorcelli Bersani); dalle fonti archeologiche della Liguria bizantina (Paolo de Vingo) alle forme di coniugalità nell’Europa bassomedievale (Massimo Vallerani). E ancora, dalla condizione delle donne sole tra Riforma e radicalismi religiosi (Eleonora Belligni) all’uso femminile del lusso nell’Italia del ’700 (Cecilia Carnino) ma anche, sempre nel ’700, la pratica dei parti illegittimi e l’istituto del Pammatone di Genova (Cinzia Bonato) fino ai modelli disciplinari del femminile nella letteratura penalistica ottocentesca (Marina Graziosi).
«Impresa temeraria», come la definisce Vanessa Maher nelle sue considerazioni a chiusura del volume, questa ricerca delle donne eccentriche, devianti, anomale, offre molte suggestioni. Appartenenti a epoche, luoghi e culture diverse le donne che si incontrano in queste pagine hanno in comune – scrive Adorni – un percorso di risignificazione del femminile che sfida modelli e ruoli, non sempre in modo consapevole, non sempre riuscendo a scardinare le relazioni di potere tra maschile e femminile. È comunque «un andare nel mondo con autonomia, padronanza e libertà» (p. 8). Dalle tante tessere che compongono il libro, ciò che si cerca di far emergere incrociando più appartenenze disciplinari è una visione dell’alterità femminile per come si è declinata nella storia, prodotta e modellata da categorie quali normalità e anormalità, conformità e devianza, ma anche frutto di strategie messe in atto per usare a proprio vantaggio le incrinature dei sistemi di controllo.
È convinzione delle curatrici condivisa con gli aa. e le aa. del libro che la realtà sia più complessa di quanto le opposizioni binarie tendano a rappresentare, che occorra riguadagnare un punto di vista femminile (la «conoscenza situata» di Donna Haraway) per scoprire e raccontare «donne mutanti e inquiete, irriducibili alla norma patriarcale» (p. 13), donne che producono un’eccedenza che tende a costruire spazi di libertà oltre il peso delle norme e dello stesso corpo biologico. L’immagine del margine evocata da Bell Hooks indica qui – avverte ancora Adorni – posizionamento strategico, punto di resistenza, spazio di possibilità. Lo sguardo è appuntato più sulle qualità strategiche delle donne che non sugli scarti, le ribellioni aperte, le anormalità; d’altra parte vale la cautela nell’uso dei termini a cui invita Maher, perché norma, eccentrico, deviante non hanno ovunque e in ogni tempo il significato attribuito loro dalle categorie culturali del mondo europeo dell’800 e del ’900.

Anna Scattigno