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Quando il Caucaso incontrò la Russia, Cinque storie esemplari

Aldo Ferrari
Milano, Guerini e Associati, 155 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2015

Aldo Ferrari ha interessi poliedrici di storia, letteratura e lingua. Il focus dei suoi
studi è costituito dal Caucaso, considerato nel quadro di un contesto culturale eurasiatico.
Questo libro affianca le sue già numerose pubblicazioni in buona parte sovrapponendosi
nei contenuti, ma anche aggiungendo prospettive nuove.
L’incontro del Caucaso con la Russia avvenne in epoche e modi diversi, ma l’annessione
fu il frutto della conquista militare nei primi decenni dell’800 e fu accompagnata
dal coinvolgimento di élite locali, da rivolte e da repressioni violente. L’a. si pone al di
sopra dei conflitti e delle armi, e indaga l’incontro culturale. Esamina l’influenza russa
attraverso i percorsi di cinque uomini di cultura di grande rilievo, che oggi possono essere
considerati tra i primi fondatori di una coscienza nazionale nei loro paesi: un principe e
poeta georgiano, uno dei pionieri della letteratura armena, uno scrittore azero, uno storico
circasso, un poeta osseto.
Nell’introduzione l’a. critica sia la storiografia che considera il rapporto tra la Russia
e il Caucaso come di tipo coloniale, sia gli studi che riducono l’incontro culturale
a un’espressione dell’orientalismo russo. Con colonialismo, implicitamente, l’a. intende
un’influenza negativa e propone invece un’attenzione rivolta alle influenze positive della
Russia, ma non si capisce perché queste non dovrebbero essere ritenute coloniali. La sua
tesi è che la Russia rappresentò per i popoli del Caucaso l’apertura verso l’Europa e quindi
verso la «modernità» (le virgolette non sono sue). Ferrari si distingue anche dall’interpretazione
ricorrente nella storiografia sovietica, secondo cui l’annessone all’Impero fu
positiva perché aprì la strada a un progresso che sarebbe poi diventato sovietico. Lontano
da simpatie sovietiche, l’a. sostiene che per il Caucaso fu la Russia cristiana a presentare la
grande occasione. La Russia era un impero in grado di coinvolgere élite locali, soprattutto,
quando esistevano, esponenti della nobiltà locale. E qui si pone una distinzione importante:
nel Caucaso vi erano società in grado di rispondere al coinvolgimento, in particolare
quelle cristiane della Georgia e dell’Armenia, lo era meno la società musulmana azera
e, soprattutto, il rapporto era difficile nel Caucaso del Nord dove la struttura sociale era
segmentata, dove mancava un’aristocrazia unificante e la religione era musulmana.
Assunto implicito, ma fatto che andrebbe invece analizzato, è che i percorsi dei cinque
personaggi costituirono ponti importanti tra le popolazioni del Caucaso e la cultura russa al
di là delle violenze e delle rivolte. L’a. non si cura molto del fatto che la «modernità» possa
essere considerata una categoria ambigua e che la storiografia oggi tenda a considerare i
rapporti culturali come processi complessi in cui le influenze esterne vengono lette, adattate,
trasformate nei diversi contesti e in modi diversi. Qui abbiamo direttamente il progresso e
un cammino univoco verso la Santa Russia, volenti o nolenti.

 Marco Buttino