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Raffaele Liucci – L’Italia borghese di Longanesi. Giornalismo politico e costume negli anni ’50 – 2002

Raffaele Liucci
Marsilio, Venezia, pp. 226, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2002

In questo studio, che si avvale anche di un’attenta lettura di carteggi, Liucci ricostruisce la vicenda del settimanale fondato nel 1950 da Longanesi, fino alla sua morte nel 1957.
Liucci offre anche un ritratto del giornalista romagnolo e del coté intellettuale e giornalistico, che dopo la caduta del fascismo lo seguì (non senza nicodemismi al fine di salvaguardare le posizioni di potere conseguite), nell’operazione tesa a dare voce a quei settori della borghesia italiana insoddisfatti e preoccupati per l’approdo alla piena democrazia della società di massa.
Il giudizio negativo sulla democrazia repubblicana, nonostante le apparenze, non si nutriva di motivi passatisti e di rimpianto effettivo di un Ottocento immaginario, bensì di tendenze di lungo periodo capaci di trovare solidi ancoraggi nella società italiana novecentesca. Del resto, dell’organizzazione totalitaria della società di massa Longanesi fu parte attiva: si deve a lui, ci ricorda Liucci, l’invenzione di uno slogan di grande fortuna, anche oltre il Novecento: ?Mussolini ha sempre ragione?.
Longanesi, come del resto Montanelli, diede voce a quella parte consistente dell’opinione pubblica che, scontenta dell’approdo repubblicano e democratico (?La repubblica è fatta, bisogna compatirla?, recitava una locandina del giornale citata a p. 12), si rifugiò nella Democrazia cristiana nei momenti cruciali della vicenda repubblicana, scorgendovi semplicemente un bastione anticomunista. Era la destra italiana, che tanto ossessionava Aldo Moro, e la cui presenza all’interno della DC ne condizionò drammaticamente l’evoluzione e la cultura politica, costringendola a sacrificare le ambizioni strategiche alle ragioni della sopravvivenza, sicché dovendo contemperare realtà così diverse finì per essere paralizzata e poi per soccombere.
Sotto questo profilo, Liucci, nel rendere omaggio a uno degli idola fori che impigriscono la storiografia italiana (e che fa il paio con il consociativismo), vale a dire l’asserita, ma mai studiata e perciò indefinita egemonia culturale della sinistra, o, per essere più chiari, del PCI, rivela chi fossero, per questa destra, i veri avversari. Erano coloro i quali, mossi i primi passi nel giornalismo proprio con Longanesi, se ne distaccarono nel secondo dopoguerra e si impegnarono, per contro, nella formazione di un’opinione pubblica borghese antifascista, democratica, europea, che trovò nell’?Europeo?, nel ?Mondo? e nell’?Espresso? i suoi più significativi organi.
L’importanza dello studio di Liucci consiste in ciò: nel disvelare il retroterra culturale, mentale e antropologico di un’Italia di minoranza nei decenni guidati dal partito cattolico, ma tutt’altro che semplice eredità del passato, anzi capace di essere una delle radici della destra attuale. In questo senso, Liucci fornisce implicitamente una preziosa indicazione: l’urgenza dello studio delle minoranze dell’Italia repubblicana. Se, per comprensibili ragioni, quella che sinteticamente possiamo definire la destra borghese è oggi al centro dell’attenzione, manca un analogo fervore nei riguardi della sinistra borghese.

Paolo Soddu