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Renato Moro – La Chiesa e lo sterminio degli ebrei – 2002

Renato Moro
Bologna, il Mulino, pp. 216, euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2002

Si tratta, come l’autore avverte nella Premessa, di una sintesi agile che ambisce ad “essere una semplice introduzione storica al problema” (p. 7). In realtà, pur assolvendo egregiamente questo compito di guida, di status quaestionis, di messa a punto storiografica e metodologica, il libro offre molto di più: sia per l’equilibrio – non però ?piratesco? – e l’originalità d’impianto sia soprattutto perché non semplifica riduttivamente ma anzi complica problematicamente il quadro storico. La questione dei ?silenzi? di Pio XII viene dunque opportunamente allargata ai silenzi non solo del papa, ma anche della gerarchia cattolica e di gran parte del popolo cristiano (sullo sfondo comparativo delle altre Chiese cristiane e di istituzioni umanitarie come la Croce Rossa). Tale problema collettivo e non individuale viene poi scomposto attraverso il prisma dei rapporti tra Europa cristiana e antisemitismo, tra Chiesa cattolica e Germania nazista, tra cattolicesimo e totalitarismi. Moro fa dunque vedere come i percorsi non siano mai lineari e le situazioni prospettino diversi livelli di lettura: così, per esempio, la parrocchia, se è veicolo di diffusione di una ideologia religiosa spesso filorazzista, rappresenta pure nel contempo un luogo di resistenza ai messaggi delle ideologie totalitarie.
Molto utile e felicemente condotta mi pare la ricostruzione di alcuni passaggi decisivi: l’evoluzione antirazzista e antinazista di Pio XI (fino al progetto dell’enciclica Humani Generis Unitas); la svolta moderata di Pio XII, ma anche il suo incredibile coinvolgimento in una cospirazione per deporre Hitler; i problemi posti alla Santa Sede dalla guerra; la mentalità di Pacelli in bilico tra diplomazia e profezia, con una sofferta scelta – sulla cui giustezza lo stesso papa si interrogava – di linguaggio in ‘codice diplomatico’ e di pressione ufficiosa (per la quale era più utile una protesta minacciata che una protesta effettiva); le sicure informazioni che, dal 1942, giungevano in Vaticano sullo sterminio degli ebrei, ma anche l’incapacità culturale di comprensione e di valutazione di tali notizie. Molto efficace mi pare poi l’immagine del Vaticano nel 1942 come “un’isola nella marea dell’Asse” (p. 153) e condivisibile il giudizio finale sulle responsabilità storiche.
Un ultimo e non piccolo merito del libro è quello di stimolare ulteriori piste di ricerca. Mi chiedo per esempio se un diverso atteggiamento nei confronti dell’antisemitismo divida i cattolici di destra e di sinistra solo a partire dagli anni Venti- Trenta o non ci sia già (come si accenna a p. 50) una differenza tra filogiudaismo e antigiudaismo cattolico nell’Ottocento, anche in relazione a diverse concezioni ecclesiologiche, teoriche, politiche e spirituali: si tratterebbe allora di studiare come questi aspetti si complichino a vicenda e come si evolva storicamente tale relazione. Così pure il ‘fallimento’ di Pio XII nell’affidare sostanzialmente agli episcopati locali il compito della denuncia profetica segnala l’utilità di un approfondimento del peso storico concreto dei tradizionali paradigmi ecclesiologici ma anche educativi, tesi a rafforzare l’obbedienza (in particolare al papa) piuttosto che le responsabilità della coscienza personale, alla quale drammaticamente si richiamava Tisserant, scrivendo al papa nel 1939.

Fulvio De Giorgi