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Riccardo Brizzi – L’uomo dello schermo. De Gaulle e i media – 2010

Riccardo Brizzi
Bologna, il Mulino, 360 pp., Euro 28,00

Anno di pubblicazione: 2010

Se in Italia l’avvento di termini come «telecrazia» e «videocrazia» data dagli anni ’90 e si è indissolubilmente legato all’avventura ai vertici del potere politico di Silvio Berlusconi, in Francia il loro uso è assai più antico, e risale ai primi anni ’60. Da molte parti il decennio in cui De Gaulle ha assunto e tenuto il potere (1958-69) è considerato uno dei casi esemplari e per molti versi anticipatori, dell’uso politico della televisione. Il bisogno di una ricostruzione accurata dell’uso che il gollismo (inteso come potere personale ma anche come sistema, che a quel potere personale sarebbe a lungo sopravvissuto) ha fatto del mezzo si era già fatto sentire in passato, ad esempio nel libro ancora oggi essenziale di Jerôme Bourdon, Histoire de la télévision sous De Gaulle (1988). Il lavoro di Brizzi vanta comunque diversi profili di originalità: prima di tutto la ricostruzione dettagliata e accuratissima delle fasi che, nella storia della televisione e dei media in Francia, hanno preceduto e per qualche aspetto preparato l’ascesa gollista; in secondo luogo la scelta di una storia non tanto della televisione quanto dei suoi usi. Si dovrebbe citare anche la scelta, dichiarata fin dal titolo, di occuparsi della presenza di De Gaulle non solo nella tv ma nell’intero sistema dei media, se non fosse che questa intenzione non è seguita fino in fondo da Brizzi, che dedica sì alcune interessanti e originali (anche se un po’ schematiche) considerazioni al ruolo della radio in alcuni passaggi della sua storia, e un capitolo ai difficili rapporti tra il Generale e la stampa, ma sempre un po’ ai fianchi, se così si può dire, del tema portante che resta il piccolo schermo. Del resto altri media, che pure nella Francia degli anni gollisti avevano un ruolo (anche politico) di assoluto rilievo come il cinema, non sono oggetto di considerazione.Un grande pregio del libro è la ricchezza informativa, frutto, per quanto posso giudicare, di una ricerca attenta, di prima mano, capace di scandagliare anche temi che altri studiosi potrebbero considerare marginali. Brizzi ricostruisce con cura e in modo nell’insieme convincente le diverse tappe dell’uso della televisione da parte del sistema gollista, e il loro intreccio con la parabola del potere del Generale. E la narrazione, cosa rara per un lavoro così minuzioso, si fa seguire con interesse.In questa ricostruzione per quanto di pregio, va però detto, il libro si esaurisce. Di due cose in particolare si sente la mancanza. La prima è una comparazione internazionale. Se è vero che il fenomeno gollista in quanto tale è un unicum francese, è vero anche che l’uso politico, più o meno carismatico e autoritario, ma sempre legato a una forte personalizzazione della leadership, tocca negli stessi anni numerosi paesi. Una comparazione avrebbe meglio fatto emergere le specificità del caso francese ma anche gli elementi che possono legarlo a quello statunitense (appena citato da Brizzi), e anche agli usi politici della televisione in Italia o in Germania. La seconda è un’attenzione ai processi socio-culturali che hanno accompagnato la penetrazione della televisione in un paese in profonda trasformazione, al pubblico: che invece è visto sempre e solo dal punto di vista del potere.

Peppino Ortoleva