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Risarcire la nazione in armi. Il Ministero per l’Assistenza militare e le pensioni di guerra (1917-1923)

Fabiano Quagliaroli
Milano, Unicopli, 524 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2018

Le straordinarie necessità imposte dalla Grande guerra produssero, in Italia come negli altri paesi belligeranti, una progressiva espansione dell’intervento pubblico volto sia a massimizzare gli esiti della mobilitazione economica e civile sia ad assicurare forme di assistenza a favore dei settori più vulnerabili della popolazione. Nel solco di una ricerca storica che ha convincentemente ravvisato il ruolo accelerante della legislazione sociale di guerra nella genesi del welfare state italiano, il testo di Fabiano Quagliaroli si sofferma sugli aspetti giuridici e amministrativi della pensionistica di guerra.
Basato su una ricca documentazione archivistica e bibliografica, il volume procede dalla disamina dei molteplici decreti luogotenenziali che dall’inizio del conflitto si suc- cessero allo scopo di rettificare le inadeguatezze delle norme preesistenti che risalivano al testo unico del 1895 e di razionalizzare i provvedimenti economici in favore dei militari resi inabili o mutilati in conseguenza della guerra e in favore dei familiari dei caduti. Tali interventi in materia di pensioni segnalavano un processo di burocratizzazione dell’assi- stenza alle vittime di guerra nel quadro più generale di una riconfigurazione contrattuali- stica del rapporto tra Stato e individuo.
La tendenza a concentrare le responsabilità assistenziali in una gestione unitaria, in particolare dopo la rotta di Caporetto, si tradusse nella formazione del Ministero per l’assistenza militare e le pensioni di guerra. Con meticolosa esattezza, l’a. ricostruisce l’azione assistenziale e propagandistica di un dicastero interinale che nella prospettiva del suo reggente, il socialriformista Leonida Bissolati, doveva costituire un organismo pro- dromico alla realizzazione dello Stato sociale in Italia. Alla definizione di più ampi schemi di sicurezza sociale – nella quale le pensioni di guerra giocavano inevitabilmente un ruolo primario – si legava la visione bissolatiana di una integrazione delle masse combattenti, per la maggior parte di provenienza contadina, nella vita politica della nazione, ai fini di un consolidamento degli ancor precari assetti democratici.
Dopo aver esaminato le carenze strutturali dell’azione assistenziale dello Stato li- berale nel dopoguerra, il volume si chiude con un’estesa analisi degli itinerari politici e giuridici che portarono alla legge Rocco-Romano del 1923. La riforma fascista annullava l’impronta più o meno welfaristica data alla legislazione sulle pensioni di guerra e appro- vava le rivendicazioni di un associazionismo combattentistico che richiedeva una gestione più restrittiva e discrezionale del trattamento economico ai reduci.
Frutto di una tesi dottorale, il volume ha il merito non trascurabile di affrontare un tema sul quale la letteratura si è poco soffermata. L’analisi della evoluzione della legislazio- ne pensionistica di guerra, tuttavia, avrebbe potuto beneficiare di un maggior approfondi- mento comparativo con gli ordinamenti e le norme disciplinanti le pensioni di guerra in altri paesi belligeranti, in modo da individuare le singolarità del caso italiano.

Alessandro Saluppo