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Roberta De Simone, Giuseppe Monsagrati (a cura di) – A corte e in guerra. Il memoriale segreto di Anna de Cadilhac – 2007

Roberta De Simone, Giuseppe Monsagrati (a cura di)
Roma, Viella, 208 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

Secondo titolo della collana «La memoria restituita», presenta l’edizione critica degli inediti Ricordi per mie memorie stesi da Anna de Cadilhac (1825-1896), aristocratica romana di origine francese, moglie del parvenu-patriota Bartolomeo Galletti e, soprattutto, madre di una figlia naturale di Vittorio Emanuele II. Nel saggio introduttivo Monsagrati ripercorre la «vita agra» di Anna, protagonista della mobilitazione femminile all’epoca della Repubblica romana, quindi moglie e madre ambiziosa, continuamente alla ricerca di autorevoli protezioni per sé e per i congiunti. Perorando una buona nomina per Galletti, nel 1861 Anna si ritrovò al cospetto del «Gran Re»: «Provai un fascino straordinario nel trovarmi a lui vicina [?] il Re mi prese la mano e posò le sue labbra sulla mia fronte. Retrocedetti tutta confusa e turbatissima per tale atto» (p. 99). Dalla relazione nacque, tre anni dopo, Anna Maria Magatti, che sempre si sarebbe rivolta al sovrano chiamandolo «papà mio», che ebbe come padrino di battesimo Gian Lorenzo Cantù (medico del re), e che fu destinataria di alcuni assegni provenienti da Casa Reale. Proprio sul punto degli «alimenti», come Anna li chiama nel memoriale, si consumò una svolta cruciale: da motivo di maligna pruderie, la nascita illegittima fu all’origine di una vertenza destinata (nonostante i ripetuti tentativi di contenere lo scandalo) a finire davanti ai tribunali del Regno. Come Monsagrati sottolinea, Anna de Cadilhac fu sì «donna del Risorgimento», ma fu pure più anziana compagna di strada «delle Mozzoni e delle Beccari [?] le donne alle quali appunto il patriottismo, e cioè una concezione più attiva della propria soggettività [?] ha insegnato a guardare avanti, a porre rivendicazioni che vanno oltre il dovere di generare futuri combattenti» (p. 32). L’iniziativa comportò da subito reazioni persecutorie, ordite (secondo Anna) da Rosa Vercellana e dalla «Camerilla» torinese: minacce ufficiose e ufficiali, irruzioni degli agenti e perquisizioni ad opera dei questori, sorveglianza strettissima… Nel frattempo la abbandonarono il figlio, che pure si era battuto in duello per difendere il suo onore, e Galletti, irritato non tanto dalla (invero vantaggiosa per la sua carriera) relazione adulterina quanto dalla presenza della piccola «intrusa». Abbandonata e impoverita, Anna mostrò allora una consapevolezza nuova: «non era più il tempo che ignara del Codice e dei miei diritti cedevo alla forza» (p. 189). Pose mano ai Ricordi – che si sarebbero fermati al 1877, quando ottenne i primi riconoscimenti formali da Casa Reale – per difendere la sua reputazione e per legittimarsi agli occhi dei nipoti, ma pure per tenere sotto ricatto avversari e detrattori.De Simone ha valorizzato un testo di indubbio interesse, che illumina sul rapporto tra esercizio della cittadinanza e pratiche di scrittura. Utilizzando abilmente i delicati documenti, e adottando un originale approccio «storico» alle sue vicende, Anna fece di un genere tradizionale un potente strumento – da usare, se necessario, a tempo debito – per affermare nella scena pubblica la sua voce di donna sola, di madre e di «onesta» titolare di diritti.

Maria Pia Casalena